«Contro Bashar un consiglio transitorio di salvezza nazionale»

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 DAMASCO.Il venerdì dedicato alla «liberazione dei prigionieri politici», l’altro ieri, ha visto crescere i numeri delle proteste in Siria: oltre 300.000 manifestanti a Deir al Zoor, cittadina nell’estremo est del paese al confine con l’Iraq, dove durante la settimana sono esplosi due condotti petroliferi ), «atti di terrorismo» secondo le fonti ufficiali), e 200.000 ad Hama. Le proteste sono arrivate ormai a Damasco: 14 manifestanti sono stati uccisi dalla polizia nel quartiere di Qaboon e 4, tutti di etnia curda, a Ruckneddin, quartiere vicino al centro.

Ieri decine di migliaia di persone hanno partecipato ai funerali delle vittime che, come di prassi, si sono trasformati in nuovi cortei di protesta contro il regime. Le dimostrazioni si allargano anche a gruppi sociali del centro di Damasco, che finora era rimasto relativamente tranquillo: mercoledì, per differenziarsi nella forma dalle proteste del venerdì all’uscita delle moschee, circa 200 artisti e intellettuali hanno percorso il centro in corteo, chiedendo la fine dell’assedio delle città  e la liberazione dei prigionieri. Dal 10 al 13 Luglio si è tenuta a Damasco la conferenza preliminare per il dialogo nazionale promossa dal governo e a cui sono stati invitati esponenti dell’opposizione e della società  civile (artisti, religiosi, intellettuali). Ma chi protesta nelle strada ha risposto manifestando con lo slogan «no al dialogo» con chi uccide e le principali personalità  dell’opposizione siriana – Michel Kilo, Fayez Sara, Luai Hussein, Aref Dalilah – hanno boicottato chiedendo come condizione per un vero dialogo la fine della repressione violenta e la liberazione di tutti i prigionieri politici. Ampiamente seguita dai media locali e internazionali, la conferenza ha dato spazio a voci critiche, come quella del politologo Tayeb Tizini, e rinnovato l’impegno del governo a intraprendere riforme politiche. Il processo di dialogo nazionale costituisce una novità  nella forma e nei contenuti da parte del regime baathista siriano, abituato a non riconoscere alcuna forme di dissenso, ma secondo alcuni oppositori rappresenta più una risposta di facciata alle pressioni internazionali che l’autentica volontà  di rispondere alle domande interne poste dalle proteste.
Ieri a Istanbul si è aperta una conferenza dell’opposizione siriana promossa da personalità  indipendenti e partiti politici con l’obiettivo, spiega ad Aljazzera Haithem Al Maleh, avvocato e dissidente storico, «di costituire un consiglio transitorio di salvezza nazionale». Si tratta del terzo incontro dell’opposizione siriana ospitato in Turchia, dove trovano rifugio anche esponenti dei fratelli musulmani siriani. Il governo dell’Akp di Erdogan, partito islamico moderato considerato un modello per larga parte dei sunniti siriani, dopo gli eccellenti rapporti con Assad degli ultimi anni, ha assunto toni di condanna verso la repressione del regime siriano, segno secondo alcuni della nuova politica espansiva di neo-ottomanesimo del governo di Ankara nella regione medio-orientale.


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