Estrema destra o Jihad islamica il cuore di tenebra della Norvegia

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«E’ ancora troppo presto per indicare il movente degli attacchi. E non intendo fare alcun commento sulla rivendicazione di una sedicente sigla islamista apparsa sul web». Quando è ormai notte, le parole del primo ministro norvegese Jens Syoltenberg confermano che il venerdì di sangue di Oslo non ha ancora una matrice definita. Che il ventaglio delle ipotesi resta aperto e che le stimmate dello jihadismo qaedista non sono affatto più certe come erano apparse nelle prime ore successive alla strage. In questa storia, al momento, di sicuro, infatti, c’è solo – come conferma il capo della polizia Sveining Sponheim – che l’uomo arrestato sull’isolotto di Utoya dopo aver fatto fuoco su decine di innocenti è un cittadino norvegese di 32 anni, legato a entrambi gli attacchi. E ancora: che con un post su Twitter, un giornalista dell’agenzia di stampa nazionale NTB, citando fonti investigative, indica nella «pista interna», quella che guarda a «gruppi sovversivi locali» della estrema destra, quella al momento più accreditata.
E’ evidente che solo le prossime ore, con l’interrogatorio dell’arrestato, la ricostruzione della sua storia, del suo profilo, dei suoi ultimi spostamenti, contatti e legami, potranno dare qualche indicazione importante, se non addirittura cruciale, sulla robustezza o meno dell’ipotesi che accredita la matrice terroristica “nazionale”. Accertando, tanto per cominciare, se l’uomo arrestato sia stato l’unico a muoversi sulla scena della strage. Come, allo stato, lascerebbero pensare, per altro, almeno due circostanze. La prima: l’uomo arrestato, prima di apparire sull’isola di Utoya, è stato avvistato sul luogo dell’esplosione in centro città . La seconda: i successivi ritrovamenti di un ordigno in centro, vicino alla sede della televisione e di altre cariche letali (non deflagrate) proprio sull’isolotto di Utoya. Tutti inesplosi. A quanto pare, per un problema di innesco che nessuno, tranne chi quegli ordigni aveva deposto, poteva “risolvere” o perché ormai lontano (tra il centro della città  e Utoya ci sono 30 chilometri) o perché già  arrestato.
E’ un fatto che, sempre ieri sera, la stessa cautela usata dal primo ministro Syoltenberg nell’evitare di sbilanciarsi sulla paternità  della strage, era stata comunicata dalle autorità  di polizia norvegese alla rete delle intelligence europee collegate. Ed è un fatto che a coltivare il dubbio sulla “certezza” della matrice islamica (per altro accreditata anche dalle più recenti analisi di intelligence che, in marzo, avevano segnalato un innalzamento del rischio per il Paese) erano stati già  nel tardo pomeriggio alcune “incongruenze” rispetto ai protocolli di sangue normalmente impiegati da Al Qaeda. Qualcosa, insomma, non torna nelle modalità  con cui gli attacchi sono stati sferrati qualora gli si voglia attribuire una matrice qaedista. A cominciare dalla scelta del tempo. Un giorno di festa, con il centro degli affari di Oslo in buona parte svuotato dal traffico e dalle presenze dei pendolari e, dunque, con la ragionevole certezza di non poter ottenere il massimo delle vittime e dell’orrore. Per non dire della scelta di uno dei due obiettivi: il raduno dei giovani laburisti. Target fortemente e volutamente connotato politicamente. Tanto da accreditare un movente e una mano “locali”.
Il dubbio, per altro, sta attraversando da ore anche la “piccola” comunità  degli analisti di terrorismo internazionale interpellati da agenzie di stampa e network televisivi del mondo intero. «Sappiamo bene che Al Qaeda aveva motivo per colpire – ha detto alla britannica Sky news Jonathan Paris, del “International Centre for the study of Radicalisation” del King’s college di Londra – Ma al di là  di questo ragionamento basato sulla logica, non abbiamo allo stato alcuna prova che leghi quanto è accaduto ad Al Qaeda». «Mi chiedo tutt’ora quale sia la matrice. Se nazionale o internazionale», gli ha fatto eco Sajjan Gohel, del “Asia Pacific Foundation”.
Dunque? Quel che si può dire sull’ipotesi interna è che, qualora si irrobustisse, si tratterebbe comunque del primo atto di sangue firmato da gruppi dell’estrema destra, su cui, per altro, la polizia norvegese, negli ultimi tempi, ha compiuto operazioni di smantellamento significative. Le stesse durante le quali era stato possibile documentare il potenziale “letale” di queste organizzazioni, i cui militanti hanno dimostrato di possedere esperienza nell’uso di esplosivi ad alto potenziale.


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