Un patrimonio a rischio (non solo qui)

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Purtroppo, la storia recente conferma questi timori. Tutti ricordiamo la tragica distruzione dei Buddah di Bamyan in Afghanistan da parte dei Taleban nel 2001, preceduta da immani perdite del patrimonio afghano durante le guerre successive all’invasione sovietica del 1979. L’Irak, dalla prima guerra del golfo del 1991, é stato lo scenario di migliaia di devastanti scavi archeologici illegali, che hanno distrutto il patrimonio di una delle aree più importanti del mondo per la conoscenza delle origini della civiltà  umana. Il saccheggio del Museo di Baghdad al momento dell’occupazione americana é stato solo il più noto dei casi di spoliazione dei beni culturali dell’Irak.
La «primavera» araba in Egitto e Tunisia ha anche esposto il patrimonio a gravi rischi. In Egitto, oltre al furto nel Museo del Cairo, si sono registrati attacchi a depositi archeologici a Saqqara, Giza e nel Sinai. Anche se adesso la situazione é tornata sotto controllo, l’esperienza mostra quanto poco basti per esporre il patrimonio a rischi e a saccheggi, spesso controllati dalle mafie internazionali dei beni culturali.
I rischi per il patrimonio della Libia sono quindi reali e attuali. Del resto, alcuni casi recenti, come la sparizione del «Tesoro di Bengasi» una importantissima collezione di ori e argenti ellenistici recentemente trafugata nel caveau di una banca a Bengasi, dimostrano la fragilità  delle protezioni esistenti, persino nelle zone dove non é presente al momento il conflitto.
Al momento dello scoppio del conflitto tra insorti e forze di Gheddafi, l’Unesco attivò i meccanismi previsti dalla convenzione internazionale per la protezione del patrimonio culturale in caso di conflitto armato, la Convenzione dell’Aja del 1954.
Sulla base della Convenzione e dei suoi due protocolli aggiuntivi, l’ultimo dei quali é entrato in vigore nel 2009, le parti belligeranti si impegnano a proteggere il patrimonio culturale, e a non utilizzarlo a scopi militari.
Tutti i paesi della coalizione (ad eccezione del Regno unito) sono firmatari della Convenzione dell’Aja, e Italia e Libia hanno anche firmato il secondo protocollo.
L’Unesco ha raccolto la documentazione necessaria (liste di beni culturali e loro coordinate geografiche) e l’ha inviata formalmente al Comando Nato per informare le forze aeree impegnate.
Nelle scorse settimane, si é diffusa la notizia che il sito di Leptis Magna (uno dei cinque siti iscritti nella Lista del patrimonio mondiale, assieme a Cirene, Sabrata, Ghadamès e l’Acacus) é stato utilizzato dalle forze di Gheddafi come base militare. Questa notizia é gravissima, perché comporta una violazione delle norme internazionali ed espone il sito agli attacchi delle forze Nato, che ovviamente potrebbero avere effetti disastrosi su questo inestimabile patrimonio archeologico.
Per cominciare a valutare i danni e i rischi per il patrimonio libico, e mobilitare l’attenzione internazionale, l’Unesco ha deciso di organizzare dopo l’estate una prima riunione di coordinamento di tutte i paesi e le missioni tecniche impegnati in Libia, e di invitare gli esperti internazionali e libici a fornire il loro contributo. Questa riunione consentirà  di coordinare gli sforzi e le azioni di protezione e di iniziare a pianificare le nuove forme di organizzazione del patrimonio in Libia.
*Assistant Director-General for Culture, Unesco


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