«Ora una Libia democratica»

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ROMA — «Il Consiglio nazionale transitorio e tutti i combattenti libici impegnati a Tripoli stanno coronando la loro aspirazione a una nuova Libia democratica e unita. Il governo italiano è al loro fianco». Non ha mai nascosto la sua amicizia personale con Gheddafi, dopo l’inizio dei bombardamenti si era detto «addolorato» per lui. Ma adesso che anche Tripoli è presa, Silvio Berlusconi si schiera apertamente con i ribelli. E nei prossimi giorni, forse già  domani, incontrerà  in Italia Mahmud Jibril, il primo ministro del Consiglio nazionale transitorio, braccio politico della rivolta, con il quale ha già  parlato ieri al telefono.
Un colloquio durante il quale — riferiscono da Palazzo Chigi — il premier «si è complimentato per la rapida avanzata delle forze del Cnt, riconfermando l’impegno dell’Italia a sostegno delle nuove autorità  per la costituzione di una Libia democratica e unita». Mentre il primo ministro Jibril — sempre secondo quanto riferito da Palazzo Chigi — ha «ringraziato calorosamente l’Italia per l’appoggio dato, sottolineando il particolare significato del sostegno assicurato dal nostro Paese, la cui vicinanza al popolo libico ha radici profonde». Prima della telefonata Berlusconi aveva rivolto un appello a tutte e due le parti in guerra. Ai ribelli del Consiglio nazionale aveva chiesto di «astenersi da ogni vendetta e di affrontare con coraggio la transizione verso la democrazia con spirito di apertura nei confronti di tutte le componenti della popolazione». Mentre a Gheddafi aveva detto di «porre fine a ogni inutile resistenza e risparmiare, in questo modo, al suo popolo ulteriori sofferenze».
Lo stesso invito arriva da Franco Frattini («Gheddafi eviti altre sofferenze»), che smentisce le voci di un possibile arrivo in Italia del Colonnello ed esclude anche l’ipotesi di un salvacondotto per un altro Paese: «Queste offerte — dice il ministro degli Esteri — le avevamo fatte in modo più o meno esplicito. Ma ormai siamo fuori tempo massimo, l’unica strada è quella della giustizia della Corte penale internazionale». La resa, dunque, e poi il processo all’Aja, come a suo tempo per Milosevic. Sempre dalla Farnesina il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica dice che il trattato di amicizia fra Italia e Libia «potrà  essere aggiornato o limato, ma ha valore e non potrà  essere ignorato». Un accordo, quello firmato tre anni fa da Berlusconi e Gheddafi, che in cambio del pagamento di 5 miliardi di dollari come danni coloniali, impegna la Libia a bloccare l’emigrazione clandestina verso le nostre coste e favorire gli investimenti delle aziende italiane.
Anche l’opposizione è soddisfatta per le notizie che arrivano da Tripoli. E ne approfitta per criticare ancora una volta la linea tenuta in questi mesi dal governo. «La svolta a Tripoli è una buona notizia per l’Italia» dice per il pd Enrico Letta, che sottolinea come sia «stato un bene che il nostro Paese abbia partecipato alla missione internazionale». A suo giudizio «questo esito fa giustizia di tante titubanze e prese di distanza che anche dai palazzi italiani più autorevoli sono arrivate in questi mesi». Più diretto l’attacco di Antonio Di Pietro: «Finalmente — dice il leader dell’Italia dei Valori — anche Berlusconi ha capito che con Gheddafi non bisogna averci nulla a che fare. Meglio tardi che mai, ma se lo avesse detto prima oggi il nostro Paese avrebbe una credibilità  diversa». Analisi più approfondita dalla finiana Barbara Contini, ex governatore italiano della zona di Nassiriya, in Iraq: «È arrivato il momento di capire fino in fondo gli interessi internazionali in Libia, soprattutto quelli della Francia. E in questo momento la politica estera italiana sembra staccata dalla realtà ».


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