Gli indignati di Wall Street puntano al G20
NEW YORK – Da New York a tutti gli Usa: al resto del mondo. Gli indignati di Occupy Wall Street sfilano vestiti da zombie: zombie come i business della finanza che si nutrono dei cadaveri dei disoccupati. Lo riconosce anche Barack Obama nella prima intervista in contemporanea sul web e in tv – che suggella fra l’altro un’altra alleanza tra corporation, Yahoo e Abc. «Non stiamo meglio di quattro anni fa» dice il presidente che riconosce la gravità della situazione politica. Obama tenta di trasformare lo svantaggio in vantaggio: «Non sono più il favorito per la rielezione». La disoccupazione al 9,1 per cento è una tragedia. «Ma io sono abituato: non sono mai stato il favorito».
Tra chi protesta contro Wall Street ci sono tanti suoi sostenitori delusi. E sempre più continuano a scendere in piazza. Dopo New York e Boston, le manifestazioni che ormai hanno toccato una sessantina di città in tutti gli States domani vedranno un momento clou ancora nella Grande Mela, con la discesa in piazza dei sindacati e degli studenti. Giovedì è attesa una grande manifestazione invece a Washington, dove i manifestanti vogliono far sentire la loro voce alla Casa Bianca. Ma la rivolta dilaga anche oltre Atlantico. Il 15 ottobre nuove manifestazioni sono previste in tutta Europa. E Kalle Lasn, 69 anni, il fondatore di Adbusters, la rivista non profit e alternativa canadese che ha lanciato “Occupy Wall Street”, rivela in un’intervista a Repubblica il prossimo obiettivo: una grande manifestazione mondiale per il 3 e 4 novembre, quando i potenti del mondo si riuniranno a Cannes, Francia, per il meeting del G20.
Da Michael Moore a Noam Chomsky, le proteste continuano a raccogliere supporto tra gli intellettuali e gli artisti: dopo l’attore Mark Ruffalo e la band Radiohead anche Yoko Ono si è aggiunta al coro, twittando che John Lennon sarebbe sceso lui stesso in piazza. E una benedizione è arrivata perfino dal finanziere progressista George Soros: «Hanno il mio sostegno». Un altro finanziere, il sindaco Michael Bloomerg, ha sostenuto invece che con le proteste di Liberty Plaza New York dimostra tutta la sua tolleranza: tutti, ha detto, abbiamo diritto di manifestare. Ma il sindaco ha anche difeso la polizia accusata di violenze: soprattutto dopo che il New York Times aveva fatto notare l’elevato numero delle “camicie bianche” in campo, cioè quei dirigenti più esperti che si sarebbero direttamente presi cura dei ragazzi.
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