«No privatizzazioni, tassare i patrimoni e le rendite finanziarie»

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A partire dagli «Indignados», i manifestanti spagnoli che hanno dato il nome alla protesta globale, fino agli americani di «Occupy Wall Street» e ai «Draghi ribelli», come si sono ribattezzati i giovani italiani giocando sul nome del numero uno della Banca d’Italia (e tra poco della Banca centrale europea), Mario Draghi. Un premio Nobel per l’Economia come Paul Krugman si è schierato dalla loro parte: «I dimostranti hanno ragione. Da principio se n’è parlato pochissimo come se fossero episodi folkloristici. Ma ora è chiaro che sta succedendo qualcosa di importante. Finalmente dopo tre anni in cui le Persone Tanto Coscienziose si sono rifiutate di inchiodare il mondo della finanza alle sue responsabilità , c’è una sollevazione dal basso contro i padroni dell’universo».

Mercoledì scorso i «Draghi ribelli» hanno consegnato al presidente Giorgio Napolitano una contro-lettera in replica a quella spedita da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi al governo italiano ad agosto: «Come è possibile promuovere politiche pubbliche a sostegno delle giovani generazioni», hanno scritto a Napolitano, «prendendo sul serio le letterine estive di Trichet e Draghi? Come è possibile farlo se il pareggio di bilancio diventa regola aurea, da inserire, addirittura, all’interno della carta costituzionale di cui Lei è garante?». Da qui le proposte: rifiuto di pagare il debito, no alle privatizzazioni di beni comuni come l’acqua, «tassazione delle rendite finanziarie, delle transazioni, dei patrimoni mobiliari e immobiliari, per far pagare la crisi a chi l’ha creata».

A protestare sono in molti casi laureati precari, che hanno viaggiato anche grazie alle possibilità  offerte loro dalle famiglie, che si esprimono in varie lingue. E che hanno coscienza di come funzionano i meccanismi della finanza, di come essa condizioni le scelte della politica. Non per nulla le manifestazioni di ieri hanno trascurato i luoghi della democrazia elettiva, scegliendo luoghi simbolo della finanza da Wall Street a New York alla City di Londra alla sede della Bce a Francoforte. «Noi respingiamo l’austerità  come soluzione della crisi in quanto porta a una gestione autoritaria e antidemocratica della ricchezza comune», è scritto nel blog ufficiale della manifestazione, «Global change». Le sfumature sono diverse a seconda dei Paesi e degli orientamenti dei gruppi della galassia degli Indignados. Così come le richieste: in Europa si pone l’accento soprattutto sul reddito minimo garantito e sull’accesso gratuito a istruzione, salute, casa, conoscenza. Punti ricollegabili alle proteste no-global di dieci anni fa, come al G8 di Genova, cui molti sono tornati ieri con la memoria per le violenze di Roma.


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