Due euro a manifestante e soldi per l’ordine pubblico

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ROMA — I conti li aveva fatti il Comune di Roma lo scorso anno, al momento di varare il nuovo regolamento per le mobilitazioni di piazza. Aveva stimato che per un corteo di 100 mila persone, le spese ammontano a circa 215 mila euro. Vuol dire 2 euro per ogni manifestante. Ed è proprio questa la cifra che potrebbe essere chiesta ai promotori, qualora fosse approvata la proposta del ministro Roberto Maroni di imporre una sorta di fideiussione a chi chiede l’autorizzazione a sfilare o ad organizzare un sit-in.
Il tema, già  dibattuto dopo gli scontri del 14 dicembre 2010 che devastarono il centro di Roma, è controverso. Perché una norma di questo genere rischia di essere incostituzionale, ma anche un regolamento porterebbe a una grave discrasia tra chi ha i mezzi per fornire garanzie economiche come le grandi organizzazioni sindacali o le associazioni di categoria e chi invece scende in piazza proprio perché non ha nulla. Non a caso, quando si è trattato di quantificare le spese da far sostenere ai promotori, il sindaco Gianni Alemanno aveva già  ipotizzato di esonerare «le manifestazioni giovanili, quelle studentesche o di fasce sociali deboli, in particolare dei disoccupati».
Le prefetture hanno studiato il problema, ma è comunque compito del Viminale fissare regole e procedure, tenendo conto dei gravi problemi di incostituzionalità  che possono sorgere rispetto ai principi di eguaglianza e di dissentire liberamente. Ma anche cercando di mettere d’accordo le esigenze «politiche» che sono già  state espresse. Maroni pensa al risarcimento dei danni, i sindaci chiedono invece anche un contributo per i costi sostenuti per garantire un corretto svolgimento della manifestazione. Un lungo elenco che parte dalla messa a disposizione dei bagni chimici, alle ore di straordinario dei vigili urbani, senza dimenticare i servizi aggiuntivi richiesti alle aziende municipalizzate per la pulizia delle strade. E poi ci sono le corse dei mezzi pubblici che devono essere soppresse per motivi di ordine pubblico. Il Campidoglio ha calcolato che sabato scorso c’è stata una riduzione di 27 mila chilometri «con le perdite economiche che questo comporta».
Adesso, se davvero si troverà  l’accordo politico sulle nuove misure proposte da Maroni, saranno gli uffici legislativi a mettere a punto il regolamento. Ed è presumibile che lo facciano tenendo conto del percorso indicato dai promotori e dal numero di partecipanti stimato, imponendo un versamento che sia pari almeno al 50 per cento delle spese previste. Soldi che, in caso di danneggiamento, verrebbero immediatamente incamerati dalle amministrazioni comunali.
Del resto quello dei soldi non è l’unico scoglio che dovrà  essere superato per raggiungere un’intesa. Gli esperti hanno già  evidenziato non solo i problemi di tipo giuridico, ma anche difficoltà  pratiche, come nel caso del cosidetto Daspo. Attualmente il provvedimento si applica ai tifosi che vengono coinvolti negli scontri fuori e dentro gli stadi. In occasione delle partite e di altre manifestazioni sportive queste persone hanno il divieto di entrare negli impianti, alcuni hanno l’obbligo di firma. Il controllo è reso possibile dai tornelli sistemati all’esterno delle strutture che registrano ogni passaggio delle tessere nominative. Ed ecco il punto: come si fa a controllare che un manifestante diffidato rispetti davvero il divieto a partecipare ad altre mobilitazioni?
Un altro nodo da sciogliere riguarda la richiesta di «garanzie funzionali» presentata dai poliziotti per chi effettua servizi di ordine pubblico. Il prefetto Antonio Manganelli ne ha parlato a lungo durante la riunione di ieri mattina al Viminale servita per mettere a punto le proposte portate in Senato dal ministro. E ha sottolineato la necessità  che gli agenti si sentano tutelati sia dal punto di vista giuridico, sia per quanto riguarda gli equipaggiamenti. Una battaglia che il Sap, il sindacato autonomo, porta avanti da giorni con due proposte in particolare: «L’iscrizione nel registro degli indagati di chi fa servizi di polizia, deve essere “vistata” dal procuratore generale e nelle attività  di polizia, quando ci sono danni, gli agenti devono rispondere solo per dolo e non per colpa grave».
Infine c’è il fermo preventivo, che riporta agli anni 70 e presenta numerosi aspetti controversi che al momento appaiono difficili da superare. Non a caso Maroni ha precisato la sua volontà  di intervenire a livello legislativo per poter contrastare il comportamento di quelle persone che vengono sorprese con «strumenti atti ad offendere» in concomitanza delle manifestazioni. Il rischio, da più parti paventato, è invece che ci possano essere «retate» alla vigilia di appuntamenti ritenuti rischiosi come appunto il corteo di sabato scorso degli «Indignati» ma ancor di più la protesta prevista per domenica prossima nei boschi della Val di Susa.


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