Il governo scuote gli intrecci dei salotti buoni Mediobanca, Intesa, Generali, Unicredit in ansia

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MILANO – Cinque righe bomba per gli assetti proprietari della finanza italiana. È l’articolo 36 della manovra correttiva del governo, che vieta ai consiglieri di banche e assicurazioni di sedere in società  «che operano nei medesimi mercati prodotto e geografici». Un annuncio di sommosse che raccoglie consensi, anche se serviranno interventi delle autorità  di vigilanza e approfondimenti sui profili interpretativi e applicativi. Per esempio, capire se gli incroci di poltrone tra banche e assicurazioni sono rilevanti come quelli tra imprese dello stesso settore, chiarire i modi delle sanzioni, e se il controllo congiunto via patti parasociali vada considerato controllo tout court.
Se prevarrà  l’interpretazione estensiva – per ora c’è un testo molto sintetico, già  nel dibattito parlamentare potrebbe circostanziarsi – alcuni pezzi da novanta potrebbero dover lasciare poltrone di pregio. Come Giovanni Bazoli, che presiede Intesa Sanpaolo e siede nel cda della rivale Ubi banca, o il “collega” Dieter Rampl, presidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca (di cui Piazza Cordusio è primo socio). O il suo vice in Unicredit Fabrizio Palenzona, che di Mediobanca è consigliere importante. O Ennio Doris, fondatore e ad di Mediolanum e consigliere (azionista) a Piazzetta Cuccia. Poi ci sono i casi, di conflitto più “indiretto”, dei banchieri che amano l’assicurazione: tipo Francesco Gaetano Caltagirone (socio e vice presidente di Generali, come in Mps) o Alberto Nagel, ad di Mediobanca e consigliere a Trieste.
È il mondo delle poltrone incrociate (in gergo interlocking directorates), vizio italiano normato dal codice civile – con poco successo – e che spesso va a lenire gli aspetti concorrenziali. Antonio Catricalà , ex presidente dell’Antitrust ora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ne fece un cavallo di battaglia, ma senza troppo incidere, se si escludono le severe misure prese a fronte di concentrazioni tra operatori (si ricordano i dossier Intesa Sanpaolo-Credit Agricole, Generali-Mediobanca, Enel-Terna). Ora Catricalà  ci riprova, con il placet di Mario Monti. E del presidente Consob, Giuseppe Vegas: «È una cosa buona e saggia – ha detto ieri –. Se si toglie l’interlocking le cose funzionano meglio». Più laico il presidente di Generali e del Comitato per la governance delle società  quotate: «È un articolo da valutare a fondo. Come concetto mi sembra corretto». Giorni fa il Comitato ha licenziato il nuovo Codice di autodisciplina, che introduce il comitato nomine per tutti e vieta la reciprocità  tra chi è ad del gruppo X e consigliere di Y e viceversa.
Ben prima che l’art. 36 dispieghi i suoi effetti i banchieri italiani rifaranno i conti con il fabbisogno di capitale chiesto dall’Autorità  bancaria europea (Eba), che si pronuncia oggi alle 18. Stando ai rumors i dati non dovrebbero mutare rispetto ai preliminari di un mese fa, pari a 14,77 miliardi di euro trovati entro giugno 2012 dalle quattro big italiane (Unicredit, Mps, Ubi banca, Banco popolare) per salire al 9% minimo di Core tier 1. Una misura secondo molti osservatori penalizzante, a pro delle rivali francesi e tedesche. Tuttavia l’Eba non dovrebbe ripensarci, e il tempo delle mediazioni, se mai, verrà  dopo.


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