Manovra e sciopero, i tormenti del Pd

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ROMA — Da una parte l’appoggio al governo d’emergenza, la necessità  di tener fede all’immagine di forza responsabile che accetta di subire una manovra che non condivide in toto. Dall’altra, l’insofferenza della sinistra del partito e della base, i riflessi dell’antico collateralismo, ormai sbiadito, così come è sbiadita la celebre foto di Vasto, istantanea che suggellava una non dichiarata ma evocata alleanza con Antonio Di Pietro e Nichi Vendola. Giorni difficili per Pier Luigi Bersani, che deve controllare un partito diviso e alleati pronti a soffiare sul fuoco dell’insofferenza sociale per occupare spazi a sinistra.
Il primo banco di prova è lo sciopero indetto dalla Cgil per lunedì. Una parte del partito sceglie di stare con la Fiom e il sindacato. Lo fa Stefano Fassina, già  oggetto di una polemica per le sue critiche, giudicate eccessive, all’esecutivo: «Andrò al presidio per ascoltare i lavoratori, i disagi sono veri». Sulla stessa linea è Cesare Damiano.
La decisione di partecipare non piace all’ala centrista del partito, da Paolo Gentiloni e Franco Marini. E non piace ai «lettiani» Alessia Mosca e Marco Meloni, che scrivono una nota sul sito TrecentoSessanta e accusano Fassina di tenere il piede in due staffe. «Non esiste — se non nella mente di qualche nostalgico di altre stagioni — lo spazio per la creazione di un partito di lotta e di governo». Fassina non ci sta: «Chi vive superficialmente quello che sta accadendo non conosce i drammi sociali dietro all’intervento sulle pensioni».
All’assemblea di ieri dei deputati democratici il malumore era altissimo. Massimo D’Alema, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe detto, rivolto ai dirigenti Pd che manifesteranno con i sindacati: «Il nostro compito non è andare ai cortei ma ottenere miglioramenti in Parlamento».
Uno stop che è in linea con gli altri massimi dirigenti del partito. A mediare ci prova Bersani, che all’assemblea manda un messaggio chiaro ad Antonio Di Pietro: «Uno può non condividere, criticare, ma non accetto che venga a dire che qui sotto c’è un inciucio. Questo è inaccettabile. Ho voluto fargli capire che così non si va avanti. Se è così, ognuno vada per la sua strada».
Parole non condivise da Nichi Vendola: «Nessuno ha il diritto di stracciare la foto di Vasto». Accordo che, peraltro, secondo il pd Francesco Boccia, «non è mai esistito». Ma è sempre Vendola a tirare bordate al governo: «Sulle pensioni il governo racconta una gigantesca cazzata e cioè che la riforma serve a risolvere il conflitto generazionale. Non c’entra niente». Salvo poi correggersi: «Non mi riferivo al governo, ma al dibattito pubblico».
Sulla manovra, la strategia di Bersani per placare i suoi è quella di blindarla, evitando una valanga di emendamenti personali o di corrente. Per questo spiegano di essere già  al lavoro per correggere il testo. L’obiettivo del Pd è mettere a punto, entro venerdì o sabato, quelle pochissime modifiche che il governo accetterà  e che saranno concordate con Pdl e Udc. Per incidere non sui saldi ma sull’equità , le correzioni saranno concentrate su pensioni e Ici. Si lavorerà  principalmente sull’innalzamento della soglia di esenzione dal blocco della rivalutazione delle pensioni.


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