L’economia delle risorse

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Il mite signore polacco ha dichiarato che se gli europei, sia in veste di consumatori che di imprenditori, non si abituano a usare in modo più efficente le risorse di cui dispongono, rischiano di non uscire mai dalla crisi economica e anzi, di sprofondare in ricorrenti crisi future. Nulla di sovversivo, il commissario europeo non parla di paradigmi di sviluppo alternativi, non dubita che per uscire dalla recessione sia indispensabile la crescita economica: ma dice che «è difficile immaginare crescita senza competitività , e difficile essere competitivi senza efficenza sulle risorse». Dunque energia, acqua, cibo, rifiuti, materie prime come i metalli, e via dicendo: se non li usiamo in modo efficente, eliminando sprechi e conservando quello che c’è, «la loro scarsità  crescente porterà  i prezzi sempre più in alto e ridurrà  lo standard di vita europeo», ha detto in dichiarazioni che riprendiamo dal quotidiano britannico The Guardian. Insomma, «non abbiamo scelta: dobbiamo usare ciò che abbiamo in modo più efficente, o non riusciremo a competere. L’efficenza dell’uso delle risorse è la vera questione di competitività  per le imprese europee».
In effetti è una semplice questione di buon senso economico. Il commissario europeo fa notare che alcune regolamentazioni andranno cambiate, per assicurare un uso efficente dell’energia, acqua e materie prime, e per proteggere l’ambiente – e ha annunciato che il suo dipartimento sta studiando normative per far sì che nessuno possa permettersi di sprecare queste risorse. Potocnik ragiona così: il prezzo di alcune risorse chiave come l’energia, l’acqua, derrate alimentari, e di alcuni metalli e altre materie prime, sta aumentando s perché il nostro consumo resta alto mentre alcune grandi economie «emergenti» come Cina e India stanno aumentando la loro parte nella domanda mondiale. Né le imnprese nè i giverni occidentali però hanno tenuto conto della novità , e continuano a comportarsi come se queste risorse fossero disponibili a basso prezzo. «E’ una questione di competitività », dice il commissario europeo. La pressione per le risorse aumenta, «se vogliamo mantenere i nostri attuali standard di vita, e insieme soddisfare le aspirazioni di miglioramento dei paesi in via di sviluppo, allora l’economia globale deve cambiare drasticamente. Se vogliamo che le cose restino uguali, dobbiamo cambiare. Ci sarà  una enorme pressione su risorse che stiamo già  sopra-utilizzando». Non si tratta solo di metalli strategici come le «terre rare», indispensabili in gran parte dell’industria elettronica e hi-tech: la Cina fa circa la metà  della produzione mondiale e questo preoccupa molto le altre potenze industriali. Ma il discorso del commissario europeo di riferisce anche a risorse meno esotiche ma essenziali, come l’acqua e l’energia in ogni sua forma, o la terra da coltivare – fino alla produzione di rifiuti, e quindi al consumo di plastiche. Si pensi: ogni anno al mondo si producono 265 milioni di tonnellate di plastiche (stima di PlasticsEurope, l’associazione europea dei produttori di plastica), e circa due terzi è costituita da imballaggi e contenitori, inclusi i famigerati sacchetti della spesa che poi riempiono le discariche nostrane ed esotiche (sacchetti di plastica laceri sono uno degli oggetti più diffusi ai bordi delle strade dall’India all’Africa all’America latina). Ma il riciclaggio della plastica è ancora molto poco diffuso, e in Italia ci siamo messi la coscienza a posto con i cosiddetti sacchetti biodegradabili (in realtà  non lo sono mai del tutto).
Le risorse, conclude Potocnik, devono diventare una questione «mainstream» dell’economia, il loro costo va «internalizzato». Meglio tardi che mai.


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