L’estinzione è dietro l’angolo salviamo la tigre o il lombrico?

Loading

La tigre piace più del lombrico, è la dura legge dello sponsor. I fondi pubblici non bastano più e per attirare i finanziamenti dei privati bisogna fare i conti con il fattore estetico. Animali come la tigre, il panda, la pantera o il gorilla fanno breccia nell’opinione pubblica e raccolgono più fondi degli invertebrati. Tigre o lombrico, panda o libellula: chi salvare quando i soldi non bastano per tutti? È il dilemma di fronte al quale si trovano le organizzazioni per la conservazione delle specie a rischio di estinzione, alle prese con fondi pubblici decimati dalla crisi economica globale. 
Se la tigre sapesse di doversela giocare contro un minuscolo invertebrato, forse, si mangerebbe il lombrico in un sol boccone. Dato che tocca all’uomo decidere, la questione si fa più complessa. Associazioni ed esperti si stanno interrogando su come far fronte alla riduzione dei finanziamenti e su come scegliere a quale specie dare la precedenza. Impresa ardua, dato che secondo gli ultimi dati rischiano di sparire dalla faccia della Terra un anfibio su tre, un corallo su tre, un mammifero su quattro e un uccello su otto. In tutto sono 17.291 le specie ad alto rischio di estinzione. 
L’International Union for Conservation of Nature (Iucn), organizzazione per la conservazione della natura alla quale aderiscono 144 Paesi nel mondo, tra i quali l’Italia, si appresta a lanciare una ventina di progetti di tutela con il programma Sos (Save our species). Il “bottino” da spartire da qui al 2015 è di 13 milioni di dollari (9,9 milioni di euro) raccolti da Iucn, Banca Mondiale e Fondo mondiale per l’ambiente. L’obiettivo è aumentare i fondi chiedendo il sostegno dei privati. E qui entra in gioco il fattore estetico. 
Provare a salvare tutti o scegliere? E in base a quali criteri, scientifici o di comunicazione? Oltre 580 esperti hanno risposto a un sondaggio pubblicato sulla rivista Conservation Biology e ripreso da Le Monde: quasi tutti (il 99,56 per cento) concordano sul fatto che la biodiversità  stia affrontando un declino senza precedenti, più della metà  (il 50,3 per cento) è d’accordo nel concentrare gli sforzi sulle specie con più possibilità  di sopravvivenza piuttosto che disperderli con quelle moribonde. 
Meglio raccogliere i soldi per la tigre allora, piuttosto che restare a zero risorse. «Adottare criteri strettamente scientifici non è sempre possibile perché bisogna fare i conti con i finanziamenti e i privati saranno sempre più decisivi per compensare il calo di quelli pubblici» spiega Giampiero Sammuri, vicepresidente del comitato italiano dell’Iucn e presidente di Federparchi. «Le cosiddette “specie bandiera”, come la tigre, funzionano meglio come testimonial e attirano più fondi degli sponsor, e spesso sono anche “specie ombrello” cioè proteggono anche le altre specie. Essendo al vertice della catena alimentare, la tigre ha infatti bisogno che tutto l’ambiente in cui vive sia salvaguardato». 
Per Fabrizio Bulgarini, responsabile per la conservazione del Wwf Italia, la questione etica non è centrale. «Le risorse per agire allo stesso modo con tutte le specie non ci sono, saper scegliere è indispensabile puntando a tutelare non il singolo animale ma l’ambiente in cui vive». In Italia, spiega Bulgarini «le Alpi e il Mediterraneo sono tra le 200 aree più importanti al mondo per la biodiversità , con “specie bandiera” minacciate come il camoscio d’Abruzzo o l’orso marsicano e altre meno note ma non meno importanti come il pelobate fosco, un rospo della pianura Padana». A dare speranza agli invertebrati resta solo la farfalla. Come testimonial funziona quasi quanto la tigre.


Related Articles

Fridays For Future, una 5 giorni a Dortmund contro il Global Warming

Loading

Clima. Nella città tedesca migliaia di giovani da tutta Europa. Cinque giorni di «congresso» per spronare la politica a voltare pagina

Il governo blocca i radar americani «Studi sulla salute»

Loading

 Una commissione valuterà  l’impatto

NISCEMI (Caltanissetta) — Le più felici sono loro, le mamme di Niscemi ribattezzate fra cortei, sit in e qualche scontro con la polizia «Mamme No Muos». Una guerra scattata contro il mega-radar americano che si era deciso di installare a due passi da questo paesone arroccato sull’altopiano, le case che sembrano scivolare verso il mare inquinato del Petrolchimico di Gela.

Global March For Climate Justice a Milano, in «50mila» assediano la Pre-Cop26

Loading

Emergenza climatica. La protesta assedia «preCop26». Greta guida le danze cantando e ballando Bella ciao

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment