L’Eurogruppo verso il sì ma vuole tagli da 325 milioni e l’impegno scritto dei partiti

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BRUXELLES – Dopo il voto del Parlamento greco che ha approvato il pacchetto di misure di austerità  in una Atene sconvolta dalla guerriglia urbana, la strada per salvare la Grecia dalla bancarotta è ancora lunga e tutta in salita. I ministri economici dell’Eurogruppo, che si ritroveranno a Bruxelles domani, daranno solo un via libera di principio alla concessione del prestito di 130 miliardi che dovrebbe evitare il «default» del Paese. E lo faranno solo se, nel frattempo, il governo ellenico avrà  rispettato le altre due condizioni poste dall’Europa. Oltre al voto del Parlamento, arrivato domenica notte, Bruxelles esige infatti che vengano reperiti tagli alla spesa nel bilancio 2012 per altri 325 milioni, e che ci sia un impegno scritto dei leader politici a mantenere le misure di rigore anche dopo le elezioni anticipate ad aprile.
Secondo indiscrezioni, Atene sarebbe orientata a reperire i 325 milioni tagliando le spese per la Difesa, che sono proporzionalmente tra le più alte d’Europa. Quanto all’impegno scritto dei due leader, George Papandreou per i socialisti e Antonis Samaras per i conservatori moderati, è dato per scontato dopo che i due partiti hanno espulso una quarantina di deputati dissidenti e dopo che il partito Laos, di ultra destra, si è comunque dissociato dall’accordo. Tutto questo, comunque, non basterà  ancora per sbloccare il prestito. Prima di dare un via libera operativo, infatti, i ministri europei vogliono verificare la portata effettiva dell’accordo tra il governo greco e i creditori privati. L’intesa, che dovrebbe portare le banche mondiali detentrici di titoli greci ad accettare una perdita concordata pari al 70% del valore nominale dei bond e un riscaglionamento del debito, è virtualmente acquisita. Ma ora l’Europa vuole verificare quante banche la accetteranno e se le dimensioni dell’accordo sono tali da garantire la promessa riduzione di cento milioni di euro del debito greco. 
Una volta superato l’ostacolo dei creditori privati, sulle cui reali intenzioni i ministri potranno forse fare una verifica alla loro riunione del 20 febbraio, la strada di Atene verso la salvezza si presenterà  più in discesa. Ma, hanno avvertito ieri da Berlino, il prestito non diventerà  comunque operativo fino a marzo. Prima, il 27 febbraio, ci dovrà  essere un voto del Parlamento tedesco che dovrà  dare il suo benestare all’esborso della quota della Germania nel prestito. Poi i ministri europei vorranno vedere le prime concrete messe in opera delle misure votate ieri. Solo a quel punto, con la garanzia fattuale che gli impegni greci questa volta saranno stati rispettati, il Fondo salva stati aprirà  le sue casse: si spera in tempo per consentire di far fronte alla nuova emissione di bond greci per 14 miliardi che è in programma il 20 marzo.
Insomma, anche se si compiace per il voto parlamentare di domenica, l’Europa ancora non si fida della Grecia. «Le autorità  greche e le forze politiche dovrebbero fare proprio il secondo programma, e quindi attuarlo pienamente, al fine di garantire il ritorno del Paese alla crescita economica sostenibile e aumentare l’occupazione», ha spiegato il commissario europeo Olli Rehn. E Angela Merkel è stata anche più esplicita. «Il programma di riforme della Grecia non poteva e non potrà  essere cambiato. Ora si tratta di metterlo in pratica. Quel che per noi e’ molto importante e’ che la Grecia abbia una chance nel 2020 di arrivare a un rapporto debito-Pil del 120% in modo da poter tornare a finanziarsi sui mercati»


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