«Una sentenza vi punirà » La Fiom va dai giudici

Loading

Non c’è pace per Sergio Marchionne, a cui toccerà  investire un sacco di soldi in avvocati per difendersi dall’accusa di antisindacalità  avanzata con 61 cause dalla Fiom in 20 tribunali. E dire che l’amministratore delegato di Chrysler-Fiat pensava di aver risolto tutti i suoi problemi con un accordo separato che cancella il contratto nazionale e impedisce alla Fiom di metter piede in fabbrica. Addirittura, a Pomigliano lascia fuori dai cancelli chiunque abbia la tessera Fiom. Non contento, Marchionne si è fatto sindacato cercando di imporre un rapporto diretto tra l’azienda e gli operai, uno per uno, per dispensare consigli, ordini, suggerimenti, magari elargire qualche favore. Ha addirittura aperto un numero verde per rispondere a dubbi e magari raccoglire delazioni dalle tute blu. Del resto, deve aver pensato Marchionne, se i sindacati ancora tollerati sono quelli che hanno firmato la resa alla Fiat, per un operaio tanto vale rivolgersi direttamente ai capi. Infine dal Lingotto fanno sapere, con la complicità  di Fim e Uilm, che sono carta straccia le 20 mila firme raccolte dalla Fiom per indire un referendum tra gli 86 mila dipendenti del gruppo sul contratto separato, un ritorno al passato di vallettiana memoria. Eppure, non trova pace il supermanager, e non la troverà  finché nelle fabbriche Fiat non saranno ripristinati i diritti basilari dei lavoratori e dei sindacati che, fino a prova contraria, dovrebbero essere scelti dagli operai e non dal padrone.
61 cause per antisindacalità : ecco quel che turberà , insieme agli scioperi, le notti di Marchionne. Ieri il responsabile auto della segreteria Fiom, Giorgio Airaudo, ha annunciato l’avvio della guerriglia giudiziaria che accompagnerà  la più classica battaglia sindacale in vista dello sciopero generale dei metalmeccanici del 9 marzo. 28 denuncie solo in Piemonte e altri 20 tribunali impegnati in tutt’Italia. Entro aprile altrettante sentenze diranno se è legittimo negare alle sigle non firmatarie dell’accordo-truffa il diritto a svolgere attività  sindacale e, soprattutto, se è legittimo impedire ai lavoratori di scegliere da chi farsi rappresentare. A dire il vero, c’è già  la sentenza di un giudice torinese che condanna la Fiat per antisindacalità , ma evidentemente a Marchionne non basta ancora. Pomigliano, poi, è un caso a sé e parla di discriminazioni ancor più pesanti: nessun operaio iscritto alla Fiom della «vecchia» fabbrica compare nei 2000 assunti in quella «nuova». Avete capito bene.
Per sostenere le cause, oltre che per mantenere un rapporto con tutti i lavoratori e non delegarlo ai capi come vorrebe il Lingotto, la Fiom ha attivato un contro-numero verde (ProntoFiom 800658166) con cui raccogliere testimonianze, segnalazioni, idee, denunce. Per spiegare ai lavoratori in cosa consiste il contratto-truffa che cancella il contratto nazionale, per precisare cosa si può fare e cosa invece esporrebbe gli operai al rischio di sanzioni disciplinari. Va ricordato che dal 1° gennaio la Fiat, oltre a non riconoscere le Rsu della Fiom elette dai lavoratori, ha sostituito i Rappresentanti per la sicurezza anch’essi eletti dai dipendenti con quelli nominati da Fim, Uilm, Fismic, Ugl. Non basta ancora: l’azienda si rifiuta di fare in busta paga le trattenute delle quote sindacali, naturalmente solo nel caso che si tratti di tesserati Fiom.
Oltre alle discriminazioni sindacali alla Fiat impazzano anche quelle di genere. Nei giorni scorsi avevamo denunciato come nel nuovo contratto vengano penalizzate le donne: solo per fare un esempio, il premio di risultato è concesso soltanto a chi ha lavorato per un numero di ore molto alto, cosicché vengono escluse le donne che hanno avuto un bambino e hanno utilizzato il congedo previsto dalla legge. Anche le ore previste per l’allattamento determinano la cancellazione del premio. Un nutrito gruppo di operaie ha denunciato la discriminazione con una lettera spedita al ministro Fornero, da cui ora aspettano di essere ricevute.


Related Articles

Auto giapponesi, la paura dell’Europa

Loading

Negoziati per un trattato di libero scambio. L’Acea: fino a 73 mila posti a rischio

Mutui senza sconto e richieste di garanzie così le banche hanno aggirato il fondo-precari

Loading

ROMA — I soldi non ci sono. E anche se ci fossero non sarebbero per i giovani. Nemmeno per permettergli di comprarsi una casa, soprattutto se il loro lavoro non è “per sempre”. Eppure dallo scorso anno esiste un fondo di garanzia di 50 milioni di euro varato dall’allora ministro per la Gioventù, Giorgia Meloni – destinato a under 35, coppie sposate, conviventi o single purché con figli minori, con un reddito massimo Isee (indicatore della situazione economica equivalente) di 35mila euro (prevalentemente da lavoro precario).

Il dissenso in fabbrica, a Pomigliano non si può

Loading

Il convegno. «LicenziaNo le opinioni», in solidarietà con i cinque lavoratori della ex Fiat licenziati

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment