Afghanistan, vendetta contro gli Usa attentato al capo del Pentagono

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NEW YORK – Volevano far saltare in aria il capo del Pentagono volato in Afghanistan per ribadire che gli americani non si fanno spaventare da nulla: nemmeno dall’orrore della strage compiuta da un sergente che tutti sapevano fuori di testa per un trauma cranico e l’ennesima crisi con la moglie. Leon Panetta è sfuggito a un attentato nel cuore dell’Afghanistan che gli alleati credevano di controllare, base inglese di Camp Bastion, provincia dell’Helmand, proprio mentre in visita a Washington il premier di Londra David Cameron diceva davanti al presidente Barack Obama che quella è una delle zone più tranquille: «Il livello degli attacchi è diminuito; il livello della sicurezza è aumentato».
Infatti: malgrado la sicurezza ulteriormente innalzata un afgano è riuscito a rubare un camion e a lanciarlo a tutta velocità  sulla pista dove doveva atterrare l’ex capo della Cia. La folle corsa s’è fermata quando il mezzo è uscito dal ciglio della strada e ha preso fuoco. Un militare è stato ferito e lo stesso uomo è stato salvato dalle fiamme. Non è ancora chiaro se avesse esplosivo. Non è quindi neppure chiaro se si trattasse di un kamikaze pronto a farsi esplodere. Il portavoce della missione Isaf dice che Panetta non è mai stato in pericolo: anche se il suo aereo è stato fatto atterrare su un’altra pista per prudenza.
La visita era stata allestita da un paio di mesi, ma era ovviamente segretissima e ha preso una nuova luce dopo la strage di domenica: 9 bambini, 4 donne e 3 uomini uccisi nel sonno dal sergente che forse, si sussurra, era anche ubriaco. Ma che si tratti di un attentato nessuno lo mette in dubbio. I Taliban hanno promesso vendetta. E anche per questo le truppe Usa si sono affrettate a trasferire il sergente killer «in una sede segreta in attesa del processo»: comunque fuori dall’Afghanistan per paura che i Taliban possano attaccare la base in cui è custodito.
Panetta ha avuto parole di conforto per i soldati, anche loro sotto shock. «Continueremo a subire la sfida dei nostri nemici, continueremo a subire la sfida di noi stessi, continueremo a subire la sfida di questo inferno che è la guerra». Perché certo, continua, «la guerra è un inferno. E questo tipo di incidenti sono esistiti in ogni tipo di guerra, questo non è il primo e probabilmente non sarà  l’ultimo: ma non possiamo permettere che minacci la nostra strategia». Proprio perché un nuovo atto di follia non si può escludere – oltre alla lucida determinazione dei Taliban dimostrata dall’attentato di ieri – i soldati accorsi ad applaudire Panetta sono stati accolti da un ordine a sopresa: mollate armi e fucili fuori dal tendone dell’incontro. Sì, dieci anni dopo, l’America stanca di guerra non si fida più neppure dei suoi figli.


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