La difficoltà  di esibire una scienza astratta

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«La matematica non è soltanto uno dei mezzi essenziali del pensiero primario, ma anche nei suoi elementi fondamentali, una scienza delle proporzioni, del comportamento da oggetto a oggetto, da movimento a movimento. E poiché questa scienza ha in sé questi elementi fondamentali e li mette in relazione significativa, è naturale che simili fatti possano essere rappresentati, trasformati in immagini». Parole di uno dei grandi artisti del Novecento, Max Bill, nell’articolo Il modo matematico di pensare nell’arte del nostro tempo, pubblicato nel 1949. A partire dagli anni trenta del secolo scorso Bill aveva realizzato una serie di grandi sculture che erano ispirate a una superficie topologica, il Nastro di Moebius, dal nome del matematico che per primo trovò questo tipo di superficie con una sola faccia. È solo uno dei tanti esempi dei rapporti tra gli artisti dei nostri tempi e la matematica, tra la matematica, l’arte, l’architettura, la pittura, la letteratura, il teatro, il cinema. Ma la matematica ha una caratteristica essenziale: è una scienza astratta, caratteristica che rende la matematica a volte difficile da comprendere. È una scienza difficile: astrazione, immaginazione, creatività  – se queste sono alcune della caratteristiche della matematica, come «mostrare» la matematica, come realizzare una mostra in cui si va a «vedere» la matematica?
Dal 20 gennaio al 17 febbraio 1963 fu organizzata una mostra d’arte a Parigi molto insolita, dato che si svolgeva in uno dei templi della diffusione della cultura scientifica, il Palais de la Decouverte. Titolo, Formes. Mathématiques peintres sculpteurs contemporains. Vi erano esposte opere di artisti di grande rilevanza: tra i pittori Max Bill, Robert e Sonia Delaunay, Juan Gris, Le Corbusier, Piet Mondrian, Gino Severini, George Seurat, Victor Vasarely. Tra gli scultori Max Bill, Raymond Dichamp-Villon, Georges Vantogerloo. Alle opere degli artisti erano alternate superfici matematiche realizzate in metallo o in gesso. Superfici che erano in parte state realizzate alla fine dell’Ottocento da artigiani tedeschi su richiesta di alcuni grandi matematici dell’epoca, Riemann e Klein, per rendere visibili agli studenti e agli studiosi le nuove superfici scoperte in quegli anni. Grandi artisti, un piccolissimo catalogo, introvabile. 
«Aprire un luogo di riferimento della creazione artistica contemporanea al confronto tra artisti e matematici può sembrare una scelta insolita, per non dire incongrua… È stato deciso di mettere a confronto il visitatore sui risultati degli incontri tra gli artisti e i matematici, gli uni mettendo a disposizione il loro saper fare nell’allestimento e nel saper far cogliere un certo numero di situazioni suggerite dagli altri»: così scrive il matematico Jean Pierre Bourgignon, direttore dell’ Ihes (Institut des Hautes à‰tudes Scientifiques) di Parigi, nell’ampio catalogo della mostra Mathèmatiques, un dépaysement soudain («un disorientamento improvviso», frase del matematico Alexandre Grothendieck). Mostra che si chiude domani presso la Fondation Cartier pour l’Art Contemporain. Una mostra ambiziosa, che vuole essere il punto di riferimento tra la matematica e l’arte. 
Se l’idea non è nuova, per la mostra a Parigi vi è stato un grande sforzo organizzativo che ha coinvolto alcuni dei migliori matematici francesi o che in Francia lavorano. Tra i matematici molti vincitori di medaglia Fields da Cedric Villani, a Alain Connes a Misha Gromov a Sir Michael Atiyah; tra gli artisti, Hiroshi Sugimoto, David Lynch, Jean-Michel Alberola, Patti Smith, Takeshi Kitano. 
Il risultato? Una mostra che non è una mostra, un insieme di cose slegate tra loro, molte di scarso interesse, dove la matematica è proprio la grande assente. E gli artisti? Lynch ha realizzato la scenografia della grande sala, che richiama la forma dello zero e rimanda ai templi greci. Dentro la sala, un fuoco disegnato in animazione in cui compaiono numeri interi. Sul grande schermo in fondo scorrono delle pagine di libri famosi di matematica. Al piano di sotto in una grande sala vuota la piccola scultura di Sugimoto, persa nello spazio. La cosa più interessante è un film di Raymond Depardon e Claudine Nougaret. Interviste ai matematici che hanno partecipato all’esposizione. Le loro facce, i loro discorsi, necessariamente brevi e coinvolgenti sono la cosa migliore della mostra – un’idea certo non nuova, basti citare Simon Singh e il suo bellissimo film L’ultimo teorema di Fermat, in cui Singh ha fatto parlare le facce dei matematici senza spiegare il teorema. 
Ma si dirà , non è una mostra di matematica, è una mostra d’arte in cui sono coinvolti anche matematici. Da questo punto di vista la mostra è ancora più deludente. Lo sforzo immaginativo, creativo degli artisti non ha dato risultati apprezzabili. In compenso grande catalogo con molte immagini, tutti i tipi di gadget, accluso disco con le musiche di Patti Smith, incontri, seminari, iniziative per i bambini, un grande sforzo per rendere la matematica interessante. Mancava solo una cosa: l’oggetto, un’idea di quello che bisognava visualizzare. Ma si sa la matematica non è visualizzabile. 
Peccato che la grande mostra che doveva aprirsi agli inizi del 2013 in Italia, in uno dei grandi templi dell’arte contemporanea, Visibili armonie: l’idea di spazio tra arte e matematica, sia stata cancellata quando era nella fase finale della realizzazione. Sarebbe stata, forse, una mostra di grande interesse.


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