Portogallo Il miraggio dell’emigrazione

Loading

L’espressione “emigrazione beta” è stata utilizzata dal rappresentante del Consiglio delle comunità  portoghesi (Ccp) in Lussemburgo Eduardo Dias per descrivere la nuova ondata di immigrati nel paese centroeuropeo. Si tratta di coppie tra i 35 e i 50 anni, che partono insieme ai figli piccoli senza avere alcuna garanzia di trovare un lavoro, senza conoscere la lingua e illudendosi di poter trovare un impiego nel giro di poco tempo.

Il ritratto di questo gruppo di emigranti portoghesi, in forte crescita al fianco dei giovani qualificati che riescono ad affermarsi all’estero, trova riscontri in altri paesi europei: Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Germania e – soprattutto – Svizzera. È proprio dalla Confederazione elvetica che è partito l’allarme, con il racconto di portoghesi che dormivano per strada rischiando il congelamento. La situazione non sembra destinata a migliorare nel breve periodo.

I dati sono molteplici e puntano tutti nella stessa direzione: il numero di portoghesi che abbandona il paese è in costante aumento. Alla fine del 2011 il responsabile delle Comunità  portoghesi José Cesà¡rio ha ammesso che l’anno scorso tra i 100mila e i 120mila portoghesi hanno lasciato il paese. Nel portale Eures, dedicato alla mobilità  professionale, le candidature portoghesi sono raddoppiate tra il 2008 e il 2011. I consolati registrano un forte aumento di portoghesi residenti all’estero: in due anni, tra il 2008 e il 2010, il loro numero è aumentato di 324mila unità .

Dalla sua casa di Zurigo Manuel Beja, presidente della Commissione sui flussi migratori del Consiglio delle comunità  portoghesi e dei Consiglieri della comunità  portoghese in Svizzera, osserva il flusso continuo di autobus carichi di suoi connazionali. La situazione, spiega, ha cominciato ad aggravarsi nel 2008. Due anni dopo Beja ha inviato i primi segnali d’allarme in Portogallo. “Il governo di José Sà³crates ha reagito molto male: mi hanno addirittura definito un irresponsabile. È un peccato, perché anche se la situazione è difficile poteva comunque essere affrontata in un altro modo”.

Gli ultimi sei mesi hanno segnato un “cambiamento radicale” nella tipologia di portoghesi che emigrano nelle città  svizzere. In Svizzera hanno cominciato ad arrivare le famiglie. Coppie non più giovani senza qualifiche, con debiti in Portogallo. “Disperati”. Alcuni si affidano a un contatto che si rivela inutile o del tutto inesistente. Altri non hanno nemmeno quello. “Da quando è scoppiato lo scandalom con il racconto dei portoghesi che dormivano nelle stazioni dei treni e nei rifugi per senza tetto, la situazione si è un po’ calmata. Ma ora, con l’avvicinarsi della bella stagione, gli immigrati sono tornati ad aumentare”, spiega Beja.

Molti di quelli che si ritrovano nelle situazioni più estreme – senza denaro per mangiare, dormire o tornare in Portogallo – hanno chiesto aiuto alle missioni cattoliche sparse nei vari paesi europei. “Hanno cominciato a bussare alla porta della nostra missione in Svizzera”, spiega padre Francisco Sales, direttore dell’Opera cattolica delle migrazioni. “Non eravamo preparati, perché è un fenomeno molto recente. Stiamo provando a creare un meccanismo per aiutare queste persone”. Secondo Sales la Svizzera è “l’esempio più eclatante” di un’emigrazione fallimentare.

Sales spera che i portoghesi ancora convinti che l’Europa sia ricca di opportunità  possano ricevere più informazioni prima di partire, ed è convinto che il messaggio debba arrivare alla popolazione dal pulpito delle chiese.

Cinquanta euro in tasca

Il caso più recente di un cittadino portoghese che si ritrova senza il denaro per tornare a casa dopo un tentativo fallimentare di emigrare risale alla settimana scorsa, e si è verificato in Inghilterra. Un muratore qualificato di 54 anni dormiva con la moglie in un’automobile. Partiti per Londra a gennaio, i coniugi hanno cercato in tutti i modi di trovare un impiego, ma senza successo. Luà­s Ventura, presidente del Centro portoghese di appoggio alla comunità  lusofona, spiega che anche nel Regno Unito “la situazione sta diventando allarmante”.

Da due anni si registra un aumento sostenuto e costante del numero di persone che arrivano in Inghilterra, spiega Ventura. Domingos Cabeà§as, dell’agenzia per l’impiego Neto di Londra, lo conferma con i dati: “Un tempo registravamo 20 o 30 iscrizioni al giorno, oggi sono 80/90. Sono in gran parte persone che non parlano inglese, senza esperienza e con poco denaro in tasca. È molto difficile trovar loro un impiego. Molti cercano un lavoretto breve per guadagnare i soldi per tornare a casa”.

Secondo Ventura l’aspetto più preoccupante è l’assenza di qualificazione (associata al peggioramento della crisi in Portogallo): “Esiste un’emigrazione qualificata, ma molti altri non parlano la lingua, partono senza alcuna garanzia né capacità  specifiche e finiscono rapidamente in una situazione di emergenza. Circa un mese fa abbiamo affrontato il caso di un uomo che è arrivato in aeroporto con 50 euro e un numero di telefono sbagliato. Si è ritrovato da solo a Londra, senza sapere una parola d’inglese”.

Jorge Malheiros, ricercatore del Centro di studi geografici dell’Università  di Lisbona, è convinto che nonostante “nessuno possa dire con certezza” quanti sono i portoghesi emigrati in altri paesi europei nell’ultimo anno, i dati parlano di “un’emigrazione portoghese più qualificata e giovane”.

Traduzione di Andrea Sparacino


Related Articles

Arabia Saudita, continua la repressione silenziosa

Loading

Proteste e repressione in Arabia Saudita – Foto: Amnesty ©REUTERS/Z.Ghawas

Si parla troppo poco di Arabia Saudita. Certamente alcune notizie importanti giungono anche sui nostri mezzi di comunicazione (meglio fanno quegli esteri) ma sono spesso avvolte, anche quando si tratta di avvenimenti molto tragici, da un velo favolistico oppure da un esotismo folkloristico. Lo sciopero delle donne che finalmente vogliono poter guidare, la morte del principe ereditario Sultan (che aveva almeno 84 anni) che doveva succedere all’anziano (88 anni) e malato Re Abd Allah, qualche esecuzione di condanna a morte decapitando con la sciabola d’oro, sono narrati come se fossimo in “Mille e una notte” oppure con la supponenza un po’ ilare di chi si ritiene superiore ai barbari beduini del deserto, divenuti casa regnante nel 1932. Basta che i pozzi di petrolio dei sultani funzionino e ci facciano arrivare costantemente fiumi di oro nero per far funzionare le nostre economie e le nostre città .

Il futuro dell’eurozona

Loading

Il piano dei 5 presidenti: unione bancaria, authority per la competitività, vigilanza sul costo del lavoro. Farà paura agli inglesi?

La giunta incombe sull’urna

Loading

Il dopo Hosni Mubarak è stato duro, segnato da momenti esaltanti ma anche da violenze e repressione (da parte di militari e polizia). Quello davanti ai nostri occhi non è l’Egitto che sognavano i milioni di «rivoluzionari» che un anno e mezzo fa, urlando « Erha l» (vattene) in Piazza Tahrir costrinsero il rais-faraone a lasciare il potere dopo tre decenni. Il regime non è crollato e rimane in sella anche l’elite economica che si raccoglieva intorno a Mubarak.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment