Dividendo dopo oltre quindici anni la Apple distribuirà  45 miliardi

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CHICAGO – Sono 45 miliardi di dollari distribuiti agli americani: l’equivalente di una “manovra per la crescita”. Anche in un’economia ricca come quella degli Stati Uniti, in tempi di ristrettezze di bilancio Barack Obama non potrebbe permettersi di fare altrettanto. Apple ha il problema opposto: nonostante questa erogazione, continuerà  a crescere la montagna di cash inutilizzato. E’ un problema quasi unico al mondo: un’impresa che fa profitti a tale velocità  da non riuscire a utilizzarli. Il chief executive Tim Cook ieri ha dato la lieta notizia: distribuirà  2,65 dollari di dividendo per ogni azione a partire dalla fine di questo trimestre; inoltre spenderà  10 miliardi in operazioni di buy-back cioè acquisti di azioni sul mercato, che a loro volta sostengono il prezzo e fanno affluire valore agli azionisti. Si chiude così un lungo digiuno di dividendi, durato 17 anni per volere di Steve Jobs che era contrario a questa forma di remunerazione degli azionisti. Ma «questa decisione non ci chiude nessuna porta», ha precisato l’erede di Jobs, intendendo con questo che Apple avrà  ancora i mezzi per fare ogni sorta di acquisizione o investimento.
Per forza. Al ritmo con cui affluiscono i profitti, l’annuncio di Cook non risolve il problema di Apple che oggi sta seduta su una montagna di 100 miliardi di cash. Anzi: dopo la distribuzione dei dividendi, secondo le proiezioni alla fine del 2013 il cash di Apple sarà  addirittura aumentato a quota 180 miliardi. Fra i tanti record di Apple – incluso il suo primato mondiale per valore di Borsa, a quota 560 miliardi – c’è questa inedita situazione: per quanto investa in ricerca e innovazione, non riesce a spendere abbastanza. L’attuale montagna di cash supera l’intera capitalizzazione di Borsa di una multinazionale come McDonald’s. La distribuzione del primo dividendo dal 1995, rappresenta una creazione di potere d’acquisto non indifferente: una vasta quota della popolazione americana è azionista di Apple anche senza saperlo, attraverso i fondi pensione o i più diffusi fondi comuni d’investimento come Fidelity e Vanguard. Anche l’Amministrazione Obama ne ricaverà  un vantaggio: i dividendi sono immediatamente tassati al 15% e quindi una parte della “manna” affluirà  nella casse del Tesoro sotto forma di gettito fiscale. In futuro potrebbero entrarne di più: Apple preme sul governo perché cambi le regole sulla tassazione dei capitali rimpatriati dall’estero. Circolano ipotesi di uno “scudo fiscale” per consentire operazioni straordinarie di rimpatrio dei capitali da parte delle multinazionali Usa. La sola Apple ha 65 miliardi parcheggiati nelle sue filiali straniere. Ieri l’annuncio di Cook ha provocato l’ennesimo rialzo delle azioni, che hanno superato quota 604 dollari raggiungendo il massimo storico. 
Sui blog e sui giornali imperversa la discussione di massa sulla destinazione degli extra-profitti di Apple. L’intera “tribù” dei fan ha presentato proposte. Una delle più gettonate, è l’idea che Apple debba usare parte della montagna di cash per rilocalizzare una parte della sua produzione manifatturiera negli Stati Uniti. Al momento i gadget di Apple portano tutti una duplice “etichetta d’origine” perché indicano al consumatore che sono “designed” (ideati, concepiti e progettati) in California, ma vengono assemblati in Cina. In larga parte presso quella fabbrica Foxxcon di Gunagzhou che è stata al centro di denunce per abusi contro i diritti dei lavoratori. Di qui la proposta avanzata da molti “fan”, di destinare una parte del cash alla “reindustrializzazione” degli Stati Uniti. 
L’andamento di Borsa ha fugato i timori legati alla scomparsa di Jobs, il fondatore morto il 5 ottobre scorso di cancro al pancreas. Molti pensavano che la capacità  innovativa di Apple avrebbe sofferto per l’assenza di un leader così carismatico, capace di fare da ispiratore per i tanti talenti creativi interni all’azienda. Cook non ha le qualità  comunicative di Jobs, ma almeno in questo primo periodo l’azienda ha reagito magnificamente. Trainata dalle vendite dei nuovi modelli di iPhone e iPad, la capitalizzazione di Borsa ha guadagnato altri 180 miliardi di dollari dall’inizio di quest’anno. Oltre ad avere allungato il distacco rispetto alla seconda classificata, la compagnia petrolifera Exxon, Apple oggi vale più del doppio di Microsoft, quella che fu per tanto tempo la regina dell’hi-tech nonché la sua storica avversaria.


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