Grecia: “Governo tecnico per restare nell’euro”

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ATENE – La crisi di governo greca va ai tempi supplementari e gioca la carta del governo tecnico. Il presidente della Repubblica Karolos Papoulias ha proposto ieri la formazione di un esecutivo “tecnocratico” ad ampia base parlamentare formato da personalità  indipendenti, molto simile alla formula italiana del governo Monti. Il centrodestra di Nea Demokratia (Nd) e i socialisti del Pasok – che in aula hanno 149 seggi su 300 – hanno già  dato il semaforo verde. Fotis Kouvelis, leader di quella Sinistra democratica (Dimar) che potrebbe garantire la maggioranza, ha rimandato ad oggi ogni decisione. Ma le sue dichiarazioni dopo il summit con Papoulias («la proposta non mi piace, ma l’80% dei greci vuol restare nell’euro e noi saremo responsabili») hanno riacceso un filo di speranza, per la verità  ancora molto sottile, su una soluzione positiva della crisi.
La partita decisiva, l’ennesima, si giocherà  oggi in un incontro congiunto tra il presidente e tutti i partiti entrati in Parlamento con l’eccezione dei neonazisti di Chryssi Avgi (Alba dorata). «La condizione è una: che il nuovo esecutivo abbia un ampio sostegno in Parlamento», hanno precisato sia Kouvelis che Antonis Samaras, segretario di Nd. L’obiettivo – quasi impossibile da realizzare – è convincere Syriza, la sinistra radicale che ha trionfato alle elezioni, e gli Indipendenti greci di Panos Kamenos ad appoggiare il governo tecnico, che potrebbe essere guidato dall’ex premier Loukas Papademos con il mandato di mantenere Atene nell’euro rinegoziando fino dove è possibile il memorandum con la Trojka. Se, come prevedibile, i due partiti non accetteranno di fare le ruote di scorta («non saremo complici delle politiche distruttive che ci hanno portato in queste condizioni», ha fatto sapere subito Alexis Tsipras di Syriza) l’ultima carta rimasta in mano a Papoulias sarà  quella di convincere Dimar a rinunciare alla richiesta di un governo di unità  nazionale per dare l’ok a un’intesa “politica” a tre con Pasok e Nd. Una partita a scacchi sull’orlo dell’abisso il cui finale resta incertissimo. «Io non sono ottimista», ha ammesso Evangelis Venizelos, segretario del Pasok. Una decisione, in un senso o nell’altro, dovrà  arrivare entro giovedì. Se per allora non ci sarà  l’ok al governo, il presidente della Repubblica sarà  costretto a convocare nuove elezioni, un passaggio delicatissimo e incerto che potrebbe mettere a rischio la permanenza di Atene nell’euro. I sondaggi danno per vincente Syriza che potrebbe ottenere più del 20% dei voti diventando il primo partito del paese ma disegnano pure un nuovo Parlamento in cui sarebbe ancora molto complesso riuscire a mettere assieme una maggioranza coesa.
Oggi intanto la Grecia è attesa a un delicatissimo passaggio finanziario. Va in scadenza infatti un bond da 450 milioni interamente in mano a hedge fund e non incluso (è sotto legislazione internazionale) nella rinegoziazione del debito ellenico con i creditiori privati. Atene deve decidere se pagare i creditori drenando preziosa liquidità  dalle casse mezze vuote dello stato o se tenere i soldi per pagare pensioni e stipendi.


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