La svolta Ue di Barack
Già al G8 di Camp David di una decina di giorni fa, il presidente degli Stati Uniti aveva rovesciato tre anni e mezzo di dottrina strategica: a lungo le sue priorità erano state la Cina, l’Afghanistan, l’Iran e semmai la Russia. L’Europa seguiva a qualche lunghezza di distanza. Non più. L’avvitamento dell’area-euro è tale che la Casa Bianca ha iniziato non solo a guardare con attenzione, ma anche a cercare di esercitare una pressione. Lo scenario di una deriva della Grecia fuori dall’area monetaria, il rischio di una spirale di panico in Spagna, la fuga di capitali verso la Germania sono pericoli anche per gli Stati Uniti. Un’uscita di Atene dall’euro può far sembrare il crac di Lehman un evento minore e rigettare in alto mare la ripresa sulla quale conta Obama per vincere un secondo mandato. Per questo il presidente la settimana scorsa ha parlato con vari leader europei, fra i quali Mario Monti, per cogliere il senso reale dell’ultimo vertice di Bruxelles. È la sua (nuova) strategia dell’attenzione. Quella dell’influenza, immancabilmente, è seguita con il vertice a distanza di ieri. E continuerà in futuro.
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