Russia, via alla legge anti-proteste previste multe fino a 25mila euro

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Mosca – Non bastano più i manganelli, i lacrimogeni, le cariche della polizia. La Russia si prepara a vietare ogni forma di dissenso come non ha mai fatto pubblicamente nella sua Storia recente. Una legge approvata, nonostante un’inedita rivolta di alcuni esponenti dello stesso partito di governo Russia Unita, chiuderà  ogni spazio alla crescente contestazione cominciata nel dicembre scorso. Entrerà  in vigore tra due giorni, il tempo di essere firmata da Vladimir Putin impegnato nella sua missione politico economica in Cina. E giusto alla vigilia della grande manifestazione del 12 giugno che faceva prevedere almeno sessantamila persone in piazza nella sola Mosca.
La ribellione dilaga, come è ovvio, su Internet. Un po’ meno nelle strade dove tra blocchi degli agenti speciali e tentativi di cortei improvvisati davanti alla Duma, il bilancio è di oltre cento fermati e di decine di denunce di pestaggi da parte della polizia. Alle voci abituali dei blogger di opposizione come Aleksej Navalnyj che parlano di «dittatura a volto scoperto» e di «morte ufficiale della Costituzione russa». Si aggiungono personaggi più moderati come Mikhail Gorbaciov, che ancora poco prima dell’approvazione, tentava un ultimo appello ai deputati perché non dessero il via «a una svolta tirannica, trasferendo la Russia nella schiera dei paesi che non rispettano i diritti civili».
La legge in effetti sembra annullare di fatto l’articolo 31 della Costituzione russa che stabilisce il diritto dei cittadini a manifestare pubblicamente la propria opinione. Articolo non sempre rispettato alla lettera ma che adesso rischia di diventare privo di senso. Da quando Putin apporrà  la sua firma, tutte le manifestazioni politiche non autorizzate saranno infatti sanzionate con multe pesantissime, soprattutto se paragonate al basso reddito medio russo: 7mila euro per i singoli, 14mila euro per i funzionari pubblici e i politici, 25mila euro per le associazioni e i partiti. Chi non potrà  permettersi di pagare finirà  in carcere. Ma non è tutto qui. Lo staff di esperti dell’ufficio di Putin ha modellato ad arte ogni comma sulle tecniche e le trovate creative del movimento di opposizione. Per esempio le cosiddette feste spontanee. Quei raduni che gli oppositori fanno continuamente nei parchi del centro, evitando di parlare di politica e limitandosi a farsi vedere uniti in piazza. Con la nuova legge i poliziotti potranno infliggere le stesse multe equiparando i raduni a comizi illegali. «Non è necessario – spiegano entusiasti i relatori – scandire slogan o portare insegne politiche, basterà  riunirsi in massa». Pericolosissima e ambigua definizione: chi stabilirà  il numero necessario per essere definiti “massa”? Non è chiaro. Teoricamente anche un gruppetto di amici che va al bar o a guardare una partita di calcio può essere fermato e incriminato a discrezione totale della polizia. E non è finita. Anche le manifestazioni autorizzate potranno prevedere le stesse sanzioni sulla base del giudizio personale degli agenti. La legge prevede infatti le salatissime multe anche per «tentativi di danneggiamento all’arredo urbano» o per «intralcio del flusso del traffico».
Quanto basta perché i toni su Internet diventino durissimi e preoccupati. «Nella notte ci hanno trasferito in massa nella dittatura bielorussa», scrive un giovanissimo sostenitore degli ecologisti. Ancora più chiaro Sergej Mitrokhin, presidente del partito democratico Jabloko spesso considerato tiepido davanti alle contestazioni di piazza: «Adesso Putin ha varcato il Rubicone. Da dittatore latente è un dittatore a pieno titolo». L’ondata di sconcerto coinvolge anche le organizzazioni internazionali e scuote l’ufficio del Presidente. Il consigliere portavoce di Putin, Dmitrj Peskhov cerca di calmare le acque assicurando che «prima di firmare Putin valuterà  se la legge rimane nel novero degli standard europei». Ma Peskhov è lo stesso che due settimane fa sentenziò che «il fegato di certi manifestanti andrebbe spalmato sul marciapiede». Non è un bel precedente per sperare. Con amara ironia un anonimo scrive: «Putin e i diritti umani? Speriamo non si consulti con gli amici cinesi».


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