Molotov e lacrimogeni, guerriglia ad Atene Un manifestante morto

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Ieri è stato il secondo blocco totale in tre settimane, 50 mila persone in strada (la metà  secondo la polizia) per «tenere la fiamma accesa, perché le decisioni sono già  state prese, la nostra sorte è decisa, ma bisogna resistere malgrado tutto», dice Evangelia, attivista di trent’anni, all’agenzia France Presse. I cortei sono stati organizzati nei giorni del vertice a Bruxelles, dove il premier conservatore Antonis Samaras spera di ottenere qualche concessione, quei due anni in più per attuare i nuovi tagli da 13,5 miliardi di euro imposti dalla troika (Unione Europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale) in cambio di una nuova tranche di aiuti da 31,5 miliardi.
Che gli anni da due diventino quattro per ridurre ancora gli stipendi e le pensioni e per riformare il mercato del lavoro non calma i leader sindacali: «Queste misure catastrofiche stanno portando il Paese alla disperazione. Le conseguenze come le proteste saranno senza fine», commenta Yannis Panagopoulos, capo della più grande confederazione nel settore privato, al New York Times.
I manifestanti danno ancora tre mesi di vita al governo e i sondaggisti registrano il sorpasso di Syriza: la sinistra radicale raggiungerebbe il 30 per cento, lascerebbe il centrodestra di Nuova democrazia al secondo posto e dopo quarant’anni di alternanza al potere i socialisti del Pasok crollerebbero al 5,5. La crisi economica continua a beneficiare Alba dorata che potrebbe diventare il terzo partito. Con le elezioni dello scorso giugno i neonazisti hanno portato alla Vulì diciotto deputati e le loro campagne contro gli immigrati, definiti dalla parlamentare Eleni Zaroulia «subumani che hanno invaso la nostra patria».
I quattromila poliziotti, tenuta antisommossa e visiere dei caschi abbassate, restano schierati fino a quando non volano le pietre e qualche molotov, gruppetti di anarchici che si staccano dai cortei ordinati e attaccano. Il fumo dei lacrimogeni riempie la giornata ancora calda, ad Atene l’estate non va via. Un uomo di 65 anni sviene nella ressa, viene portato all’ospedale dove muore senza che i medici riescano a rianimarlo: non è chiaro se l’attacco di cuore sia stato causato dai gas sparati dagli agenti.
I greci sfiniti da cinque anni di recessione e dalla disoccupazione arrivata al 25 per cento (il 54 tra i giovani) sembrano stanchi anche di protestare. «Su centocinquanta impiegati stiamo scioperando solo in due. Gli altri hanno paura, non ci credono più», dice il bancario Vassilis. Se i soldi europei non arrivano, a novembre le casse dello Stato resteranno vuote. I tecnici internazionali non hanno ancora dato il via libera agli aiuti. «Non mi vengano a parlare di euro — continua Vassilis —. La Grecia è già  fallita». Uno striscione recita: «Il debito della nostra generazione è far crollare il potere».
Alexis Tsipras, il giovane leader della sinistra radicale, ripete di essere pronto, se diventasse primo ministro, a cancellare l’accordo con la troika. Scommette sul fatto che nessun leader europeo, neppure la cancelliera Angela Merkel, corra il rischio di lasciar sprofondare il Paese. Uno studio della fondazione tedesca Bertelsmann calcola che l’uscita di Atene dalla zona euro potrebbe costare fino a 17 mila miliardi di perdite su scala mondiale da qui al 2020. La ricerca non esclude l’effetto domino che porterebbe anche l’Italia, la Spagna e il Portogallo alla bancarotta.
Davide Frattini


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