“DOVE SBAGLIA LA FRANCIA”

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Tassare le grandi fortune è giusto, ma non è detto che la patrimoniale sia la soluzione migliore: secondo Jean-Paul Fitoussi, l’introduzione, a livello europeo, di una sovrattassa sui redditi prodotti dal patrimonio sarebbe una scelta più efficace. Ma è difficile tassare in un solo paese: la Francia è l’unico paese dell’Ue a colpire i patrimoni fin dagli anni ‘80, ma la fuga di Gérard Depardieu e la grande voglia di andarsene di Bernard Arnault, proprietario della Lvmh, dimostrano quanto l’imposizione delle grandi fortune sia difficile in un’economia aperta. Spaventati dall’arrivo al potere della “gauche”, considerata a torto o ragione come incline alla tassazione più che ai tagli alle spese, i ricchi francesi meditano la fuga.
Professor Fitoussi, è giusto tassare i patrimoni?
«È giusto far pagare le imposte secondo le capacità  contributive di ognuno, dunque far pagare di più chi è più fortunato. Il problema è sapere come procedere. In Francia, l’imposta sulla fortuna è essenzialmente un’imposta immobiliare, poiché sono esclusi dal calcolo lo strumento di lavoro, cioè l’azienda, e le opere d’arte. E con il recente aumento delle aliquote si pone la questione di sapere se la tassazione globale (redditi da lavoro e finanziari, patrimonio) non superi il 100 per cento del reddito di un contribuente. Io avrei preferito un altro sistema».
Ci dia qualche idea: cosa immagina?
«Un’imposta supplementare sui redditi del patrimonio. Penso cioè che sui redditi prodotti dal patrimonio finanziario o immobiliare si dovrebbe far gravare una sovrattassa, che rimpiazzerebbe l’imposta patrimoniale. Ma la concezione di una imposta sulla ricchezza è molto complessa nel contesto europeo di forte concorrenza fiscale: una sovrattassa sui redditi da patrimonio, attuata in un solo paese, potrebbe spingere i più ricchi a spostarsi altrove».
Per il momento, dunque, la cosa migliore è imitare la Francia?
«Se dovessi dare un consiglio all’Italia, direi di introdurre un’imposta sul patrimonio, anche se non è perfetta, ma a tassi molto moderati. E assicurandosi che il tasso globale d’imposizione non superi un certo livello, diciamo l’80 per cento dei redditi complessivi. Quando si elabora un’imposta sulla fortuna il diavolo sta nei dettagli, bisogna fare attenzione a tutti gli effetti perversi».
La patrimoniale può diventare una bandiera per il centro- sinistra?
«Certo, tanto più che il patrimonio è ripartito in Italia in maniera molto ineguale. Tassare il patrimonio è un elemento di giustizia fiscale e sociale. E poiché si sa che la proprietà  non ha necessariamente origini molto pulite, e questo vale per il mondo intero, l’idea è ancor più legittima».
Eppure due leader europei di sinistra, Schroeder in Germania e Zapatero in Spagna, hanno soppresso la patrimoniale, che ormai esiste solo in Francia: non è diventata un’imposta d’altri tempi ?
«Schroeder e Zapatero l’hanno soppressa, è vero, ma ciò non vuol dire che abbiano avuto ragione o che si tratti di un’imposta d’altri tempi. Il problema è un altro: quando si crea una nuova imposta, si dovrebbe fare una vera riforma del sistema fiscale, in modo che la fiscalità  sia chiara per tutti. Aggiungere tasse alle tasse, nel periodo attuale, non è la strategia migliore. Introdurre un’imposta patrimoniale per ridurre l’Irpef può essere una buona cosa, mentre introdurla e aumentare anche quella sul reddito vorrebbe dire esigere un po’ troppo dai contribuenti europei».


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