E il conflitto già  divide Vendola e Bersani

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ROMA — Il governo dovrebbe riferire ufficialmente martedì prossimo alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato in che cosa consisterà  il «supporto logistico» all’offensiva francese contro i guerriglieri fondamentalisti islamici in Mali, annunciato mercoledì scorso dal titolare della Farnesina Giulio Terzi. Il decreto di finanziamento sulle missioni all’estero che sarà  esaminato a Montecitorio in aula il 22 gennaio prevede già  la spesa di 1.900.524 euro «per la partecipazione di personale militare» alla missione dell’Ue «Eucap Sahel-Niger» e «alle iniziative dell’Unione europea in Mali». Da lì potrà  venire l’autorizzazione a mandare un massimo di 24 istruttori per le forze armate maliane, ma anche altro servirebbe per realizzare il proposito di aiutare Parigi e gli Stati africani autorizzati dall’Onu a intervenire in Mali con aerei da trasporto C130-J, C-271 e con Boeing 767 capaci di rifornire in volo di carburante caccia amici. Un emendamento aggiuntivo? Un ordine del giorno? Entrambi? O strumenti ulteriori?
Dettagli per addetti ai lavori, se non ci fosse di mezzo una campagna elettorale. L’Italia rischia di sperimentare che la propria condizione di bagnomaria — governo in carica per gli affari correnti, legislatura in agonia e una guerra non troppo lontana da casa — può essere urticante dentro e fuori, in politica internazionale e interna.
Dalle informazioni arrivate al governo di Mario Monti risulta che i francesi si trovano davanti a nemici abili, da contrastare con un impegno militare di lungo periodo. Sarebbe formato da duemila uomini addestrati e ben armati il nocciolo duro dei combattenti di al Qaeda del Maghreb, Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, Movimento per l’unità  e la Jihad nell’Africa occidentale e Ansar Dine. Intorno a loro, altri tre-quattromila guerriglieri. Ansar Dine è stato descritto da nostri alleati abile nel raggirare mezzo mondo negoziando con Stati africani per poi favorire, prima della reazione francese, l’espansione dei più radicali nel Mali del Nord.
Benché tutti oggi a Roma escludano invii di soldati, è ipotizzabile che nella prossima legislatura militari tolti via via dall’Afghanistan potrebbero servire in Africa.
Senza clamore, il governo ha in corso contatti con i partiti per capire quanto è in grado di fornire adesso a Parigi senza attirarsi troppi attacchi dalle forze politiche. Tra Partito democratico e Sinistra ecologia e libertà  si vedono crepe. «Non possiamo lasciare sola la Francia», ha dichiarato il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Ci sono «cinquemila chilometri di Sub-Sahara in instabilità » con «infiltrazioni di jihadisti e trafficanti di droga, ha aggiunto, e «bisogna fermare questa cosa». Nichi Vendola, Sel, ha definito invece «errore clamoroso» l’intervento francese.
Il Consiglio dei ministri ha ascoltato una relazione del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e comunicato di aver «condiviso» la linea dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri. Che cosa aveva detto Catherine Ashton? «La Francia non è sola (…) ha agito esattamente come doveva. (…) Un certo numero di Paesi ha informato che sarebbero pronti a sostenerla con tutti i mezzi». Come, per l’Italia, resta da vedere.
Maurizio Caprara


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