Tre leggi per salvare la giustizia
Tortura, carceri e droghe: tre proposte di legge di iniziativa popolare per salvare l’Italia dalla condizione di illegalità internazionale e costituzionale, e superare così l’immobilismo della politica, incapace di agire oltre il proprio tornaconto elettorale. A redigerle e depositarle ieri in Cassazione è stato un gruppo di 19 associazioni e organizzazioni, tra cui Antigone, Arci, Giuristi democratici, Cgil, Cnca, Forum droghe e l’Unione delle camere penali (Ucp). Occorrerà raccogliere 50 mila firme in sei mesi per presentare i testi di legge in Parlamento e attendere l’avvio dell’iter.
Tre temi fondamentali per recuperare credibilità nel mondo e per evitare altre condanne della Corte europea dei diritti umani come quella dell’8 gennaio scorso che ci impone riforme «strutturali» nell’ambito penale e penitenziario. A cominciare dall’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale con la formulazione di una fattispecie identica a quella prevista dal testo della convenzione Onu ratificata dall’Italia. Per ridurre l’affollamento penitenziario si propone, poi, l’abolizione del reato di clandestinità , la riforma drastica della legge Cirielli, numero chiuso nelle carceri, liste d’attesa per i condannati, diversificazione delle sanzioni penali, istituzione del garante nazionale dei detenuti e altre riforme per rendere la detenzione in carcere davvero l’extrema ratio. E infine la modifica del testo unico sulle droghe, con il «superamento del paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi»: depenalizzazione del consumo e della coltivazione di marijuana a uso personale e terapeutico, e differenziazione delle sostanze.
Tre proposte tutto sommato «moderate»: l’Ucp si sarebbe spinta oltre, come racconta il presidente Valerio Spigarelli, intervenendo anche sull’obbligatorietà dell’azione penale, sulla responsabilità civile dei giudici e sulla separazione della carriere. Per superare quel modello di zero tollerance importato dagli Stati uniti pre Obama.
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