I cinquantottomila studenti persi dagli atenei italiani

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Il dato è che nelle nostre università  mancano all’appello cinquantottomila studenti rispetto a dieci anni fa. E molto altro: a partire dai finanziamenti. Poi è in calo il numero dei docenti, che non vengono più assunti. Sono pochi i laureati e i dottori di ricerca. Non soltanto matricole in fuga, l’intero sistema è al collasso. Il Cun ha raccolto i numeri della crisi voce per voce e ieri ha presentato i conti a governo, Parlamento e alle forze politiche in campagna elettorale.
Si parte dagli iscritti, scesi in dieci anni da 338 mila a 280 mila, con situazioni diverse a seconda di corsi e atenei. Ma i diciannovenni che rinunciano alla laurea sono sempre di più visto che le iscrizioni sono calate del 4 per cento in tre anni. E siamo sotto la media europea per numero di laureati: nella fascia di età  fra i 30 e i 34 anni da noi hanno il titolo il 19% dei giovani, in Europa il 30. E continua a scendere il numero dei professori. Negli ultimi sei anni sono il 22% in meno. Così, nonostante il calo degli iscritti, il numero medio di studenti per docente in Italia resta alto: 18,7, mentre la media Ocse è 15,5.
Il presidente del Cun, Andrea Lenzi, presentando il dossier ha parlato di «progressiva e irrazionale riduzione delle risorse finanziarie e umane», poi ha snocciolato i numeri, tutti con segno meno. Il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) è sceso del 20%: «Moltissimi atenei a rischio dissesto non possono programmare né didattica né ricerca, tanti hanno appena i soldi per pagare gli stipendi. E la crisi colpisce tutti, anche i grandi atenei. Anche se poi cambia la capacità  di attrarre finanziamenti dall’esterno e dall’estero, ma su alta formazione e ricerca il Paese deve investire».
Poi il dato sulle borse di studio, ancora tagliate. Se nel 2009 era l’84% degli aventi diritto a ricevere l’aiuto, nel 2011 la copertura c’è stata soltanto per il 75%. Il commento di Marco Lezzi, nel Consiglio nazionale studenti universitari: «Il sistema del diritto allo studio è inefficace, soltanto il 10% degli studenti riceve il sostegno, è per pochi, sempre meno, ed è insufficiente. La borsa di studio arriva al massimo a cinquemila euro, e in una città  come Milano non bastano. Ecco perché molti rinunciano». Per la Cgil «in Italia studiare è sempre più costoso e non paga. I laureati sono disoccupati quanto i diplomati».
Ma c’è anche una valutazione meno negativa. Arriva dal coordinatore del rapporto Stella sull’occupazione dei laureati, Nello Scarabottolo. «Il calo generale degli iscritti è certo ma bisogna considerare che dieci anni fa erano appena state introdotte le lauree triennali e c’era stato un boom di immatricolazioni, ecco perché il calo appare più pesante».


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