Amnistia, il caso Renzi Critiche dal governo ma lui rilancia il «no»

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ROMA — Lo chiama il «bomba libera tutti», il provvedimento di amnistia o indulto che dal palco di Bari ha detto di non volere, perché «la legalità è di sinistra e ci vuole certezza della pena». Ma una «bomba» è anche la sua dichiarazione. Perché si contrappone frontalmente al capo dello Stato, garante della Costituzione e tutore del governo delle larghe intese. Perché spacca per l’ennesima volta il Pd. E perché scuote dalle fondamenta il governo, rompendo la fragile tregua con il premier Enrico Letta e dando corpo ai timori di chi teme per la stabilità dell’esecutivo.
Il primo ad aprire il fuoco contro Renzi, dopo la difesa del capo dello Stato da parte del premier, è il ministro per lo Sviluppo, il bersaniano Flavio Zanonato: «Renzi ragiona in termini puramente propagandistici, stile Grillo: «Mi conviene dire di più una cosa o l’altra sotto il profilo del consenso che poi alla fine ottengo?». A Zanonato si aggiunge una collega di governo, il ministro degli Esteri Emma Bonino, che al comitato dei radicali dice: «Se Renzi è il nuovo che avanza, fatemi il favore di ridarmi l’antico. Legga bene il messaggio di Napolitano prima di rottamarlo». Sull’altro fronte il ministro per i Trasporti e le Infrastrutture, Maurizio Lupi, intervistato da Maria Latella su Sky Tg24, concorda: «Renzi pensa soltanto al consenso».
Ma intanto è partita la querelle. Zanonato si lamenta su Twitter: «Criticare Renzi è come parlare male di Garibaldi, si scatenano subito i fans».
Ma, oltre alla prevedibile irritazione del Colle e del premier, c’è anche il fronte delle primarie. Gianni Cuperlo esplicita la sua distanza da Renzi sulla questione dell’amnistia: «La situazione delle carceri è insostenibile e per questo si studino tutte le misure alternative alla detenzione e la politica si assuma la sua responsabilità, al di là del sondaggi». Ma non è solo l’amnistia a dividere i candidati. I cuperliani fanno notare l’assenza del simbolo del Pd nella campagna della comunicazione e l’assenza di riferimenti al Sud. E sulla legge elettorale Alfredo D’Attore è perplesso: «Se la strada è quella indicata da Renzi, di passare prima dalla Camera, rischiamo di perdere sei mesi e di tenerci il Porcellum».
A «In Mezz’ora», su Raitre, Renzi esplicita la sua presa di posizione: «Io non ho parlato contro il presidente della Repubblica». Il capo dello Stato ha «il diritto, direi anche il dovere», di dare messaggi alle Camere e «non è andato oltre il suo ruolo». Ma «non c’è lesa maestà e le forze politiche devono dire come la pensano. Io ho detto che secondo me non sarebbe serio, educativo e responsabile, sette anni dopo un indulto, farne un altro. Non è serio, la legalità è un valore di sinistra». E poi: «La sinistra non può essere legalitaria solo quando c’è Berlusconi». Quanto ai ministri: «Se invece di occuparsi di governare, si preoccupano delle mie dichiarazioni, poveretti, mi dispiace per loro».
Alla domanda di Lucia Annunziata se ami il Pd, Renzi risponde così: «Sono un appassionato convinto del Pd. Io amo l’Italia, la mia città, i territori e credo che il Pd sia lo strumento di cui abbiamo bisogno per cambiare l’Italia».
Ma Renzi parla anche dei temi economici: spiega di preferire «un partner asiatico alla Cassa depositi e prestiti» per salvare Alitalia; e poi: «lo Stato non deve mettere un centesimo per salvare gli azionisti privati che hanno fallito»; infine, le Poste per Alitalia sono «una soluzione tampone».
Ma è sulla clemenza che la polemica non si placa. Dice Renato Brunetta: «Renzi sconfessa Letta e Napolitano, altro che stabilità». E il pd Beppe Fioroni: «Il vero congresso del Pd si giocherà da una parte attorno alla stabilità del governo per salvare Italia e dall’altra ci sarà chi vorrà lo sfascio per andare a governare l’Italia». Marco Meloni, uno dei deputati più ascoltati dal premier, è molto deluso da Renzi: «Non è partito bene». Anche l’approccio, «se Letta lavora bene, lo sosterrò», è sbagliato: «È sua responsabilità lavorare perché il governo faccia bene. Il suo è un approccio da contesa elettorale, ma le urne sono molto lontane. Renzi lo sa che si andrà a votare tra qualche anno?».
Alessandro Trocino


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