Letta chiede più responsabilità I renziani aprono il caso

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ROMA — Matteo Renzi aveva liquidato la vicenda, poi rientrata, dei 150 euro che gli insegnanti avrebbero dovuto restituire con una battuta («Non siamo a Scherzi a parte »). Ieri sul ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, uno dei protagonisti del caso, si è concentrata la vis polemica di Dario Nardella, che è uno dei collaboratori più vicini al leader del Pd. È sembrato che la cosa potesse sfuggire al controllo facendo intendere che i renziani avessero in mente di chiedere a Saccomanni di fare un passo indietro. Si è rischiato, insomma, un casus belli tale da fare saltare gli equilibri del governo al punto che lo stesso Nardella è corso ai ripari negando di avere suggerito le dimissioni del ministro e di avere invocato un rimpasto. Lo stesso premier Enrico Letta, incontrando la delegazione dei Popolari per l’Italia, consapevole che occorra una svolta, auspica «un cambio di passo», aggiungendo però che «non c’è da riscrivere l’agenda del governo ma da darle più forza per passare da un 2013 di emergenza a un 2024 di riscossa». E sempre ieri la capigruppo della Camera accelera sulla legge elettorale fissando il suo approdo in aula il 27 gennaio.
L’ennesima fibrillazione nella maggioranza si innesca quando Nardella interviene come uno degli ospiti ad Agorà su Raitre e poi di lì a poco ripete gli stessi concetti in forma più esplicita a Mix24 su Radio 24. L’ex vicesindaco di Firenze commenta con queste parole il dietrofront del governo sui soldi agli insegnanti: «Non abbiamo dato la fiducia — sostiene l’esponente renziano del Pd — a un ministro così autorevole, addirittura ai vertici della Banca d’Italia, per aumentare di un punto l’Iva o per attorcigliarsi intorno alla questione dell’Imu».
Fatta questa premessa, aggiunge: «Questo ministro deve dimostrare di essere all’altezza delle aspettative che avevamo tutti noi e che aveva il Parlamento quando è arrivato. Dopodiché la decisione spetta al presidente del Consiglio, non ai partiti. Altrimenti sembra solo una questione di potere: Renzi non è arrivato per cambiare tre ministri ma per cambiare l’Italia. Poi se i ministri non vanno bene, il presidente del Consiglio si assumerà l’onere di cambiarli». Concetti poi ripresi con una formulazione ancora più chiara rispondendo alle domande di Giovanni Minoli, segno che quelle opinioni corrispondono a una convinzione radicata. «Penso sia grave — scandisce Nardella — quando un ministro così importante come Saccomanni dice “sono un esecutore” o “nessuno mi ha istruito”». Ed ecco il punto che ha provocato le reazioni di esponenti del partito di Berlusconi: «Penso che il ministero dell’Economia — argomenta ancora — debba essere guidato da un politico, come regola generale perché abbiamo visto che l’esperienza dei tecnici non ha funzionato bene».
Sembra una richiesta di dimissioni. Così la interpreta Mara Carfagna (Forza Italia). «Renzi, per interposta persona — scrive su Twitter —, ha licenziato il ministro Saccomanni. È una buona notizia. Come in “Dieci piccoli indiani” non ne resterà nessuno». Un altro forzista, Maurizio Gasparri, si spinge oltre. «Ormai lo hanno capito tutti — osserva —, credo che non ci sia lo spazio per cambi volanti. È tutto il governo al capolinea. Prenderne atto è un dovere. Ormai c’è solo da calare il sipario».
Il tam tam è che i renziani vogliano la testa di Saccomanni. Ed è per questo che lo stesso Nardella, temendo l’effetto slavina, fa uscire una nota di precisazione. «Non scherziamo e cerchiamo di essere seri. — puntualizza —. Invito tutti quelli che hanno voglia di fare polemiche strumentali ad andare a riascoltare la registrazione della trasmissione per capire il senso delle mie parole». Caso chiuso, per il momento.
Lorenzo Fuccaro


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