Competitivita’, l’Italia perde terreno

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Nella classifica del WEF retrocede dal 38° al 42° posto

(La Repubblica, MERCOLEDÌ, 27 SETTEMBRE 2006, Pagina 48 – Economia)

Passo indietro di quattro posizioni in un anno: “Urgenti le riforme”

LUISA GRION

ROMA – La Svizzera sta al primo posto, l´Italia al quarantaduesimo. La classifica sulla competitività elaborata dal World economic Forum è spietata: per il nostro paese le cose vanno di male in peggio. Nel 2005 eravamo al trentottesimo gradino (la graduatoria prende in esame 125 paesi), quest´anno siamo scesi di altri quattro. Sul banco degli imputati gli storici problemi – mancanza di riforme, debito pubblico fra i più alti del mondo – aggravati nel 2006 dalla lunga stasi ereditata dalla campagna elettorale.
Ad essere precisi, non è che l´Italia abbia messo a segno meno punti rispetto allo scorso anno. Il mix dei nove indicatori scelti per elaborare la classifica ci ha assegnato lo stesso voto del 2005 (4,46 contro i 5,81 della Svizzera), ma mentre noi stavamo fermi gli altri crescevano. Prendendo in considerazione i paesi «storici» della Ue, tutti – salvo la Grecia – hanno fatto meglio di noi. Vertici della graduatoria a parte (dopo gli elvetici, Finlandia, Svezia, Danimarca e Singapore con gli Usa scesi dal primo al sesto posto per problemi di conti pubblici), c´è il Giappone che sta al settimo posto, seguito dalla Germania; il Regno Unito è decimo, la Francia diciottesima. L´unica «soddisfazione» è che – grazie all´introduzione di nuovi indicatori quali il sistema sanitario e quello scolastico – abbiamo superato il Botswana, paese che l´anno scorso ci precedeva e che quest´anno è precipitato allo scalino numero 81.
La motivazione che ci relega al gradino 42 non lascia spazio a dubbi: «Il contesto macroeconomico italiano è mediocre e i conti pubblici sono in disavanzo da vent´anni – hanno spiegato gli esperti del Wef – la situazione di bilancio si è gravemente deteriorata dal 2000 e il debito pubblico è fra i più alti del mondo». Ma non solo: alla lista dei guai vanno aggiunti «i pessimi risultati di efficienza della spesa pubblica, la qualità delle istituzioni, la rigidità del mercato del lavoro». Prendendo in considerazione l´indice della flessibilità (non solo per quanto riguarda i licenziamenti, ma anche sul fronte dei salari) l´Italia e al 124 posto sui 125 paesi presi in considerazione.
Il rapporto indica però anche la via d´uscita da seguire per fare meglio in futuro: «Il livello tecnologico delle imprese private è buono, segno che c´è una riserva di potenzialità non ancora sfruttata». E soprattutto: «le riforme potrebbero contribuire a migliorare in misura significativa la posizione dell´Italia negli ultimi anni».
Punti di forza della Svizzera, prima sul podio, sono risultati il suo solido assetto istituzionale, le infrastrutture, l´efficienza dei mercati e gli alti risultati dell´innovazione tecnica, i robusti investimenti delle aziende in ricerca e sviluppo, la forte tutela della proprietà intellettuale. Le «buone cose» sulle quali l´Italia deve invece puntare, secondo i tecnici del World economic Forum, sono il livello dell´educazione primaria (per cui l´Italia è ottava), la diffusione dei telefoni cellulari (quarto posto), ma anche la capacità di innovazione (ventesimo) e la cosiddetta «business sophistication», ovvero la capacità espressa dal sistema delle piccole imprese e dei distretti, per cui l´Italia è al ventiquattresimo posto.


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