L’Ucraina respinge le proposte russe

L’Ucraina respinge le proposte russe

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Una stretta di mano per i fotografi, poi al lavoro nella residenza dell’ambasciatore di Russia a Parigi: il segretario di Stato Kerry e il suo omologo russo Lavrov si sono chiusi in una stanza per trovare un accordo che trovi uno sbocco — se è possibile — alla crisi in Ucraina. Prove di dialogo che dovrebbero continuare anche oggi.
Gli Usa non vogliono avallare il colpo di mano di Putin in Crimea e paiono nutrire dubbi sull’apertura negoziale dell’avversario. Scelta tattica — si chiedono — o volontà vera? Il Cremlino, da parte sua, non ha alcuna intenzione di perdere quanto guadagnato assorbendo la regione ma prova ad apparire moderato: ieri Lavrov ha ribadito che il suo Paese non ha alcuna intenzione di invadere l’Ucraina. Uno scenario temuto per la presenza di decine di 40 mila militari e tank alle frontiere. In mezzo Kiev, il vaso più debole, che teme di essere l’unica a pagare e non è presente al tavolo parigino. Infatti davanti alla richiesta (russa) di diventare una federazione ha risposto con un no secco. Tutto in un clima per nulla disteso. Il Pentagono ha rispedito in Europa il comandante delle forze Usa che si trovava a Washington per una deposizione. E dal Congresso sono partiti segnali d’allarme sulla Moldavia, possibile nuovo obiettivo russo.
All’appuntamento di Parigi le parti sono arrivate dopo contatti intensi. Un lavoro dietro le quinte suggellato dai colloqui telefonici. Prima quello tra Obama e Putin, seguito dalla conversazione Kerry-Lavrov. Scambi di idee attorno alla possibile iniziativa comune che ognuno cerca di delimitare con i propri paletti. In sintesi: Washington chiede il ritiro delle forze russe dai confini ucraini e un dialogo tra Mosca e Kiev. Il Cremlino aggiunge: nuova costituzione in Ucraina, nascita di uno Stato federato con larga autonomia per la popolazione russofona. A questi punti si aggiungono il disarmo delle milizie irregolari e l’invio di osservatori internazionali a garanzia di tutti. Magari anche dei tatari di Crimea, circa 300 mila individui pronti a dichiarare l’autonomia (contro i russi), un progetto rilanciato con un’assemblea svoltasi domenica a Bakhcisaraj.
Attorno alle idee studiate da Russia e Usa — di fatto, un piano — si sono raccolti altri Paesi occidentali, sondati da Mosca in queste ore, e allineati sulla posizione della Casa Bianca secondo cui la soluzione può arrivare solo attraverso il negoziato. Ottenendo al tempo stesso che il Cremlino sgonfi i suoi muscoli riportando blindati e migliaia di soldati molto all’indietro. Non si può trattare con una pistola puntata alla tempia. Neanche se si tratta di una manovra propagandistica.
In parallelo agli sforzi diplomatici Stati Uniti e Russia cercano di fiancheggiare le parti amiche. Il Pentagono ha appena annunciato l’invio di 330 mila razioni militari all’esercito regolare ucraino. Una scorta per un apparato che è apparso in difficoltà davanti allo strapotere russo. Ben più consistente la mossa del Cremlino che ha annunciato un finanziamento di 6,8 miliardi di dollari per sostenere l’economia della Crimea.
Infine la Germania. Berlino potrebbe garantire aiuti agli Stati baltici (Lettonia, Estonia e Lituania) e alla Polonia. Inoltre non è da escludere l’invio di 6 aerei militari.
Guido Olimpio


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