Dalla missione della troika ai maxi prestiti Tutti i sacrifici (e gli aiuti) della crisi greca

Dalla missione della troika ai maxi prestiti Tutti i sacrifici (e gli aiuti) della crisi greca

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ATENE Troika si, troika no. Nel confronto tra chi la vuole e chi no, la terna di Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea ha ora incassato un nuovo appoggio della Germania. «Certamente la Grecia deve continuare a lavorare con la troika», ha detto il ministro delle a finanze Wolfgang Schaeuble. Il team a tre, considerato un simbolo dell’austerity, non piace a molti, soprattutto in Grecia. Ma le voci che vedevano una possibile sua disgregazione vengono ora ridimensionate. Il caso è quello del Fmi, indicato in passato tra le possibili defezioni: ieri il suo direttore esecutivo Carlo Cottarelli (ex Mr Spending review in Italia) ha detto che è «prematuro» parlare di un addio alla terna da parte del Fondo. Il Fmi, ha aggiunto Cottarelli, potrebbe rifinanziare il suo prestito alla Grecia, «però ci vuole un nuovo programma» dopo il no di Atene all’austerity.
Ma la troika non è solo austerity, con tutte le sue conseguenze, dalla disoccupazione galoppante ai conti tornati in (relativo) ordine: il suo intervento in Grecia — così come il rigore per le politiche di bilancio — è legato a diversi piani di salvataggio e finanziamento concessi a livello internazionale. Come quello dietro la sigla Efsf: i 141 miliardi circa versati alla Grecia dallo European financial stability facility. Lo Efsf ha poi chiuso i rubinetti dei finanziamenti, semplicemente perchè poi sostituito da un nuovo fondo europeo di salvataggio, lo European stability mechanism. Ed è proprio questo, l’Esm, su cui presumibilmente si concentra una buona parte delle speranze greche. Dietro il capitale del fondo, già versato o disponibile «su chiamata», ci sono gli Stati dell’area euro. Tra cui quindi anche l’Italia, con la sua quota del 18%: non poco, visto che l’Esm può raggiungere i 700 miliardi, di cui 80 versati. Di questi 700, però, «solamente» 500 fanno parte della cosiddetta «capacità di concedere a prestito». Capacità che l’Esm finanzia emettendo a sua volta obbligazioni, forte del sostegno dell’eurozona.
Se l’Efsf si è rivelato molto attivo soprattutto sul fronte greco, l’Esm finora ha sostanzialmente garantito 40 miliardi al sistema finanziario spagnolo. Il resto è «open for business», come direbbe la finanza internazionale creditrice verso Atene. Va poi aggiunta una «goccia» di circa due miliardi rimasta appesa al rubinetto dell’Efsf e destinata alla Grecia. Ma a una condizione, la solita clausola che vincola anche gran parte dei soldi della Banca centrale europea: il rispetto da parte di Atene — che non può vantare un rating adeguato — dei piani concordati con le istituzioni internazionali. Quindi dell’austerity, almeno per come stanno le cose ora. E qui si gioca probabilmente l’Eurogruppo di mercoledì, giorno in cui una nuova intesa potrebbe fare di nuovo scorrere i soldi dell’Europa per la Grecia. Che al momento può contare solo su una delle opzioni Bce: il canale di finanziamento degli istituti greci passando per la banca centrale ellenica (attraverso il programma Ela). Perché le alternative sono «out», senza il rispetto dei programmi concordati a livello internazionale: niente acquisti di titoli di Stato tramite il Quantitative easing appena lanciato, nessun sostegno delle «Outright monetary transactions» (altri acquisti di bond, in un programma per altro mai effettivamente utilizzato), e nessuna disponibilità ad accettare titoli pubblici a garanzia dei prestiti.
Non vanno poi dimenticati i 26 miliardi di titoli di Stato ellenici comprati dalla Bce in passato (e ora nel portafoglio di Francoforte) con il Securities market programme poi terminato. E non va dimenticata, nel capitolo generale degli aiuti alla Grecia, la ristrutturazione del debito del 2012.


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