Yar­mouk campo di battaglia tra Damasco e Isis

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A Mosca si discute, a Yar­mouk si muore. Nel giorno in cui si apriva il nuovo round di nego­ziati pro­mosso dalla Rus­sia, tra Dama­sco e una spa­ruta dele­ga­zione di oppo­si­zioni mode­rate, nel campo pro­fu­ghi pale­sti­nese a sud della capi­tale la situa­zione arri­vava «oltre il disu­mano». Così Chris Gun­ness, capo dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifu­giati pale­sti­nesi, descri­veva ieri il più grande campo pro­fu­ghi del Medio Oriente.

Dall’assalto mosso dallo Stato Isla­mico la scorsa set­ti­mana è ulte­rior­mente peg­gio­rata la vita dei 18mila pale­sti­nesi resi­denti a Yar­mouk, il 10% della popo­la­zione prima dello scop­pio della guerra civile siriana. Per­ché già da allora Yar­mouk è tar­get, delle oppo­si­zioni e del governo, costretto ad un asse­dio di due anni che ha por­tato decine di per­sone alle morte per denutrizione.

Ieri agli scon­tri tra gruppi armati pale­sti­nesi, in pri­mis Aknaf Beit al-Maqdis, vicino ad Hamas, si sono aggiunti quelli tra il governo e gli isla­mi­sti: bom­bar­da­menti e guer­ri­glia urbana, a cui potrebbe seguire una più ampia con­trof­fen­siva da parte di Dama­sco. Gio­vedì scorso, il giorno dopo l’assalto, sem­brava che i com­bat­tenti pale­sti­nesi fos­sero stati in grado di respin­gere, alcuni armati solo di col­telli, i mili­ziani dello Stato Isla­mico. Così non è stato e Dama­sco si è mossa, ter­ro­riz­zata dalla pos­si­bi­lità di una cre­scita incon­trol­lata dell’Isis nella roc­ca­forte presidenziale.

Secondo testi­moni, l’Isis ha il con­trollo della gran parte del campo, i mili­ziani dispie­gati lungo quasi l’intero peri­me­tro, impe­dendo l’ingresso di aiuti uma­ni­tari ad una popo­la­zione let­te­ral­mente stre­mata. Dome­nica un cen­ti­naio di rifu­giati è riu­scito a scap­pare, ma la gran parte resta intrap­po­lata all’interno. Da mer­co­ledì i morti civili sareb­bero già 26, anche se fonti medi­che par­lano di 200 vittime.

Le noti­zie che giun­gono da Yar­mouk si con­fon­dono: fonti par­lano di un’alleanza tra Isis e Fronte al-Nusra, tra i pochi gruppi rima­sti den­tro il campo dopo l’accordo sti­pu­lato tra Eser­cito Libero e governo nel feb­braio 2014; altre di una coa­li­zione di pale­sti­nesi e qae­di­sti per respin­gere l’offensiva del calif­fato. Per ora al-Nusra, uffi­cial­mente, si dichiara neu­trale, più inte­res­sata a raf­for­zarsi a nord, dove la scorsa set­ti­mana ha preso Idlib, altra roc­ca­forte governativa.

Pro­prio ad Idlib ieri il gruppo qae­di­sta avrebbe por­tato 300 kurdi rapiti men­tre viag­gia­vano verso Dama­sco. Men­tre Stato Isla­mico e al-Nusra spa­dro­neg­giano in Siria, assu­mono il con­trollo di oltre un terzo del paese, si mostrano come le sole forze in grado di con­fron­tare Assad, le oppo­si­zioni mode­rate incen­sate dall’Occidente si pren­dono libertà che non pos­sie­dono: boi­cot­tare i col­lo­qui di Mosca. Dopo aver aperto ad Assad e poi chiuso, dopo aver accet­tato il tavolo russo e poi averci ripen­sato, la Coa­li­zione Nazio­nale non si è pre­sen­tata ieri per il primo giorno di negoziato.

A rap­pre­sen­tare i ribelli solo l’Nccdc (Natio­nal Coor­di­na­tion Com­mit­tee for Demo­cra­tic Change). Dif­fi­cile che una dele­ga­zione tanto pic­cola e poco rap­pre­sen­ta­tiva possa lavo­rare ad una tran­si­zione poli­tica cre­di­bile. Eppure Stati uniti e Ue con­ti­nuano a garan­tire aiuti mili­tari e denaro in quan­tità ad un’opposizione, la Coa­li­zione, così cieca da non com­pren­dere che per sal­varsi dovrebbe sedersi al tavolo col nemico.

Ieri le parti si sono accor­date su un’agenda di 5 punti da discu­tere: una valu­ta­zione dell’attuale situa­zione; l’individuazione di misure uma­ni­ta­rie per la popo­la­zione; una road map per riav­vi­ci­nare governo e oppo­si­zioni; l’assunzione di misure per la ricon­ci­lia­zione nazio­nale; la pre­pa­ra­zione di Gine­vra 3.



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