I pagamenti alle imprese

I pagamenti alle imprese

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ROMA Nel 2014 i debiti della Pubblica amministrazione verso i privati ammontano a poco più di 70 miliardi, ma sono diminuiti di 20 tornando ai livelli del 2008 negli ultimi due anni. Il risultato è stato raggiunto grazie alle «ingenti risorse messe a disposizione dal Tesoro, alle nuove norme in materia e all’attenzione politica». Sono alcuni dei risultati di uno studio realizzato dalla Banca d’Italia e dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass).

Analizzando la situazione in dettaglio, lo stock complessivo dei debiti nel 2008 era di poco meno di 70 miliardi (4,2% del Pil). Poi dal 2009 i mancati pagamenti sono cresciuti arrivando a toccare i 93,7 miliardi del 2012, pari al 5,8% del Pil. Poi gli interventi dell’esecutivo hanno prodotto una inversione di tendenza e i debiti sono diminuiti superando appena i 70 miliardi nel 2014 (pari al 4,4% del Pil).
«Il fenomeno dei debiti commerciali non è stato ancora ricondotto entro termini fisiologici — sostengono i ricercatori -. Il livello raggiunto dai debiti alla fine del 2014 è ancora molto lontano da quello coerente con il rispetto dei tempi contrattuali. Il pieno adeguamento alla normativa sui tempi di pagamento (entrata in vigore all’inizio del 2013 e applicata solo ai nuovi contratti) richiederebbe una riduzione dei debiti commerciali di circa 50 miliardi»: infatti queste regole Ue «impongono il pagamento delle fatture a 30 giorni (massimo 60 per le imprese che forniscono servizi sanitari)». Decorso questo periodo, «scattano gli interessi legali di mora». Facendo un bilancio complessivo, i tempi medi di pagamento delle amministrazioni pubbliche ai privati nel 2014, secondo Bankitalia, sarebbero pari a quasi 130 giorni. Proprio per questo motivo nel giugno di un anno fa l’Ue aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia relativa agli anni precedenti. Ora la Commissione Ue, che ha ricevuto a settembre scorso l’ultimo rapporto da parte del governo sull’attuazione degli impegni presi per il rispetto della direttiva comunitaria, dovrà d ecidere se archiviare o meno.
Negli ultimi tempi, però, gli esperti di Palazzo Koch sottolineano che «il contesto sia nettamente migliorato e sono stati introdotti nell’ordinamento disincentivi all’accumulo di debiti commerciali». Del resto «l’attenzione politica su questo fenomeno, anche a livello comunitario, è sensibilmente aumentata». La ricerca individua fattori positivi anche nella riforma della contabilità degli enti decentrati e «ancora più importante» nello sviluppo della piattaforma nazionale in modo che «l’intero ciclo della spesa, dalla fatturazione al pagamento», passi obbligatoriamente da lì.
Inoltre «l’esperienza degli ultimi due anni suggerisce, però, che mettere a disposizione degli enti decentrati risorse a tassi bassi non garantisce sempre i risultati sperati», fanno notare dalla Banca d’Italia. Infatti incrociando le risorse erogate e rese disponibili dallo Stato a Regioni, Province e Comuni con i pagamenti effettuati alle imprese dagli enti locali e dalle altre amministrazioni pubbliche decentrate, si scopre che nel biennio 2013-2014 il 90% dei fondi è stato utilizzato per pagare le aziende private. «L’incompleto uso dei finanziamenti appare particolarmente significativo – si precisa – nel caso delle anticipazioni di liquidità per Province e Comuni, dove gli stanziamenti si sono tradotti in pagamenti solo per il 40%». Nello studio si fa anche notare che «mentre si pagava l’arretrato con i fondi messi a disposizione dal Mef, si sono accumulati nuovi debiti commerciali, soprattutto tra le spese correnti». Nelle conclusioni Bankitalia suggerisce: «Se si vuole portare i debiti della Pa a livelli fisiologici in tempi brevi, sembra inevitabile un’ulteriore concessione di liquidità alle amministrazioni a partire dalla risorse stanziate nel biennio 2013-2014 e non utilizzate».
Francesco Di Frischia


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