Gerusalemme: Camion fa strage di soldatesse

Gerusalemme: Camion fa strage di soldatesse

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GERUSALEMME I soldati sono in cerchio con i fucili mitragliatori a tracolla, assomigliano di più a studenti in gita, hanno lasciato le caserme e i campi di addestramento per conoscere meglio il Paese che stanno imparando a difendere. I cadetti della scuola ufficiali ieri erano in visita a Gerusalemme, le guide li hanno portati sulla passeggiata che dal quartiere di Armon Hanatziv si affaccia sulla Città Vecchia. Come i turisti che seguono lo stesso percorso scendono dagli autobus per ascoltare i dettagli storici, scherzano tra di loro mentre alle spalle — mostra il filmato ripreso dalle videocamere di sicurezza — un camion bianco salta dalla strada sul marciapiede e il prato, centra in pieno altri giovani militari del gruppo.

Il circolo si sfalda, molti cercano riparo, pochi sembrano all’inizio reagire. Il palestinese mette la retromarcia e ripassa sui corpi, il primo a sparare è una delle guide, è armato di pistola e scarica dodici colpi sull’autista. Adesso dice che i ragazzi in divisa avrebbero dovuto far fuoco senza esitare, uccidere subito, che è tutta colpa — e qui rivela le sue posizioni politiche — del processo contro Elor Azaria, il sergente condannato per aver freddato un assalitore arabo ferito a terra. L’ipotesi è sconfessata dal portavoce dell’esercito che spiega: «Almeno due soldati hanno sparato appena si sono resi conto della situazione, non crediamo che il caso di Azaria abbia posto freni all’azione dei nostri militari».

La sentenza emessa pochi giorni fa ha diviso Israele, l’estrema destra a difendere Azaria con lo slogan «i terroristi vanno eliminati», la sinistra e lo Stato Maggiore costretti a richiamare al rispetto delle regole d’ingaggio. L’attentato di ieri reincolla assieme i pezzi della nazione, ogni famiglia ha un figlio o una figlia in servizio o che si prepara a partire compiuti i 18 anni. Ragazzi e ragazze, come tra i morti dell’attacco: tre donne e un uomo attorno ai vent’anni, i feriti sono diciassette.

Il premier Benjamin Netanyahu collega la strage a quelle di Nizza e Berlino, denuncia che il terrorista fosse un sostenitore dello Stato Islamico o che l’attacco sia stato quantomeno ispirato dagli ideologi del Califfato. I simpatizzanti del Califfo individuati in Israele dai servizi segreti interni sarebbero meno di una dozzina, arabi israeliani o i beduini che vivono nel Sud del Paese. Il consiglio di Sicurezza ha deciso di porre in detenzione amministrativa — può essere prolungata di sei mesi in sei mesi senza un’incriminazione — chiunque esprima ammirazione per l’Isis.

Fadi al-Qanbar, 28 anni, non sarebbe stato legato a gruppi estremisti palestinesi, anche se la polizia rivela che in passato era stato in carcere. Padre di quattro figli, veniva da Jabal Mukabbir, il villaggio a sud-est di Gerusalemme, nella parte catturata dagli israeliani nel 1967 e annessa, che ha prodotto la maggior parte degli attentatori palestinesi nell’ultimo anno e mezzo di violenze. La sorella conferma che Fadi non apparteneva ad alcuna fazione, era un musulmano praticante, negli ultimi mesi ancora più devoto. Forse se lo aspettava: «Quando la moglie lo ha chiamato, si era rifiutato di tornare per pranzo. Appena abbiamo visto le immagini in televisione, abbiamo capito che era stato lui».

Dalla Striscia di Gaza Hamas e le sue truppe irregolari non rivendicano l’attentato, lo esaltano come «eroico»: «Le continue operazioni dimostrano che l’intifada di Gerusalemme non è un evento isolato. Il popolo palestinese ha deciso di ribellarsi», scrive il portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam su Facebook.

Davide Frattini



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