Malaysia mistery. Supermistero Volante

Malaysia mistery. Supermistero Volante

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«Gira pilota, recu­pe­riamo il cielo ad alta quota», canta Paolo Conte, ma le ultime parole pro­ve­nienti dal volo Mh370 della Malaysia Airlines par­tito da Kuala Lum­pur, diretto a Pechino e scom­parso da ormai oltre una set­ti­mana sono state altre: All right, good night. Poi fine, il buio, il vuoto, l’aereo è spa­rito. E girare – biso­gna ammet­tere — ha girato, cam­biando rotta verso nord ovest, viag­giando per almeno altre sette ore dopo l’ultimo con­tatto. Ci si può imma­gi­nare — dopo la comu­ni­ca­zione radio dei piloti — il cor­ri­doio del Boeing, le luci che si spen­gono, i pas­seg­geri impe­gnati a cer­care la posi­zione meno sco­moda, a guar­dare un film. E poi? Cosa sia suc­cesso prima e durante quelle sette ore, è avvolto nel mistero, anche se l’ultima teo­ria ha a che vedere con un altro inci­dente aereo.
Nel 1999 un Lea­r­jet, un veli­volo da tra­sporto di pas­sag­geri e merci, che aveva a bordo anche il cele­bre cam­pione di golf ame­ri­cano Payne Stuart, volò con il pilota auto­ma­tico per almeno quat­tro ore, prima di schian­tarsi nel Sud Dakota. Durante quelle quat­tro ore, a bordo tutti i pas­seg­geri erano sve­nuti. Durante quelle quat­tro ore, il Lea­r­jet fu anche affian­cato dai cac­cia ame­ri­cani, che non pote­rono agire in alcun modo. La causa dello sve­ni­mento dei pas­seg­geri e del suc­ces­sivo crollo del veli­volo, fu una per­dita di pres­sione in cabina, almeno così dis­sero gli esperti. Equi­pag­gio fuori uso, ma aereo inte­gro, a volare senza guida fino alla caduta. Tra le varie tra­ge­die aeree occorse negli ultimi tempi la vicenda del Lea­r­jet è con­si­de­rato l’esempio poten­zial­mente più vicino a quanto potrebbe essere suc­cesso al volo Mh370.L’ipotesi è frutto di ricer­che, simu­la­zioni, incroci tra radar, satel­liti e pura cono­scenza, inda­gini, sup­po­si­zioni, let­te­ra­tura, sto­ria e anche un po’ di con­fu­sione, quando non dice­rie, cial­tro­ne­ria e il con­sueto mix di rumors e uffi­cia­lità. L’ipotesi, però, non è la sola e non è l’unica cre­di­bile. Ci sono teo­rie com­plot­ti­ste. E c’è anche un santone.Le ricer­che di 26 paesiSe non ci fosse di mezzo la vita di 227 pas­seg­geri e 12 mem­bri dell’equipaggio, la sto­ria del volo Mh370 sarebbe una degna ispi­ra­zione per l’inizio di una fic­tion o un romanzo. Chi – venendo a cono­scenza della sto­ria del volo malese — soste­nesse di non aver pen­sato a Lost, la serie che comin­cia con la caduta di un aereo su un’isola miste­riosa, un limbo tra vita e morte, capace di andare avanti e indie­tro nel tempo, suc­chiando le vite dei super­stiti del volo, mente, sapendo di men­tire. Ci abbiamo pen­sato tutti. Le auto­rità malesi, dopo alcuni giorni di ricer­che vane, avreb­bero anche arruo­lato un san­tone, spe­rando che potesse indi­care la zona nella quale l’aereo potrebbe essere finito.Che sia caduto, chissà dove, non sem­bra dubi­tarlo nes­suno (nean­che il san­tone, pare). I motivi però sono miste­riosi: si va dall’ipotesi di atten­tato ter­ro­ri­stico, al sui­ci­dio dei piloti e addi­rit­tura al gesto folle (o poli­tico) dei con­dut­tori del veli­volo. E ancora, si è con­si­de­rata l’ipotesi dell’esplosione in volo, dell’inabissamento. Ma se mai, dove, nell’Oceano indiano? Nel Mar cinese meri­dio­nale? Di sicuro c’è solo una cosa: l’aereo non si trova. Sono 26 i paesi impe­gnati nelle ricer­che (coor­di­nate ora dall’Australia) e non man­cano alcuni malu­mori. I cinesi ad esem­pio hanno già fatto sapere ai col­le­ghi malesi di aspet­tarsi qual­cosa di più per quanto riguarda ricer­che e inda­gini: la mag­gior parte dei pas­seg­geri erano cinesi.Gli Usa hanno man­dato un team inve­sti­ga­tivo: l’occasione è ghiotta, ne parla tutto il mondo, tutti si chie­dono dove dia­mine possa essere finito l’aereo e per­ché, ma la Male­sia non sem­bra dispo­sta a con­sen­tire agli ame­ri­cani di rime­stare nel tor­bido. Anche per­ché la vicenda si è legata a que­stioni poli­ti­che interne, con il governo malese che accusa i piloti di «fana­ti­smo poli­tico» (e gli Usa che dicono ai malesi: «State stru­men­ta­liz­zando la tra­ge­dia»).
Allora, in attesa di novità e – ci auspi­chiamo — la fine dell’incubo per i parenti dei pas­seg­geri, par­tiamo dall’inizio.
I pas­sa­porti falsi
Subito dopo il man­cato arrivo a Pechino nella lista dei pas­seg­geri era stata sot­to­li­neata la pre­senza di un ita­liano. Ma lui, Luigi Maraldi, poco dopo ha fatto sapere di essere vivo e in Thai­lan­dia. Maraldi ha anche detto di aver subito il furto del pas­sa­porto alcuni mesi fa. Sulle prime la noti­zia è stata presa per una coin­ci­denza, anche per­ché in Thai­lan­dia il traf­fico legato ai furti di pas­sa­porti euro­pei è piut­to­sto fio­rente. Il pro­blema però è nato poco dopo: anche un cit­ta­dino austriaco ha dichia­rato di essere vivo e di aver subito il furto del pro­prio docu­mento di viag­gio. E a quel punto i pas­sag­geri sospetti sono diven­tati due.
Que­ste casua­lità, unite al fatto che il volo era desti­nato a Pechino, che par­tiva da un paese musul­mano e che recen­te­mente in Cina sono tor­nati ad attac­care i sepa­ra­ti­sti uighuri, ha fatto driz­zare le orec­chie ai diri­genti del Par­tito comu­ni­sta che hanno rad­dop­piato i pro­pri mezzi dedi­cati alla ricerca del veli­volo. L’ipotesi dei pas­sa­porti falsi è via via svanita.
I «trans­pon­der»Come ha rias­sunto il Wall Street Jour­nal alcuni par­ti­co­lari – ancora più di altri — non tor­nano: «I Boeing, sono dotati di trans­pon­der che tra­smet­tono i det­ta­gli sull’altitudine, la dire­zione e la velo­cità degli aerei. Ma il trans­pon­der sull’aereo malese, a quanto pare, non ha ripor­tato nulla di ano­malo». Uno dei misteri del volo – da cui discen­dono le teo­rie attual­mente più in voga — è il motivo per cui i trans­pon­der si sono spenti, uno dopo l’altro, prima che il jet rag­giun­gesse il punto sul Mar cinese meri­dio­nale, dove avrebbe abban­do­nato il con­tatto radar civile» (qual­cuno ha fatto notare che cir­co­stanza ana­loga avvenne anche l’11 set­tem­bre 2001). E arri­viamo alla deli­be­rata messa fuori uso dei mec­ca­ni­smi di comunicazione.
Najib Razak, il pre­mier male­siano, ha rive­lato nel corso di una con­fe­renza stampa, che «i sistemi di comu­ni­ca­zione del volo sono stati deli­be­ra­ta­mente disat­ti­vati». Cosa signi­fica? Secondo il primo mini­stro, si è trat­tato di «un’azione deli­be­rata di qual­cuno sull’aereo». Un fatto – ha spie­gato il Tele­graph, «che si aggiunge alla cre­scente spe­cu­la­zione che il volo sia stato dirot­tato da ter­ro­ri­sti o da qual­cuno dell’equipaggio diven­tato anar­chico». Que­sto signi­fica una cosa chiara: sono da esclu­dere le teo­rie secondo le quali l’aereo potrebbe essere stato disin­te­grato dopo un’esplosione. L’annuncio di Najib – infatti– indica una strada: le auto­rità malesi sono con­vinte che qual­cuno nella cabina di guida abbia spento i sistemi.Anche per­ché, poco dopo l’ultimo segnale con­fer­mato dell’aereo di un satel­lite alle 08:11 (ora locale), l’aereo avrebbe volato in dire­zione ovest sopra la Male­sia prima di girare verso nord-ovest (e ieri si par­lava di dire­zione Paki­stan). Najib ha detto che le auto­rità sta­vano cer­cando di rin­trac­ciare l’aereo attra­verso due pos­si­bili «cor­ri­doi»: uno che va dal nord della Thai­lan­dia fino al con­fine del Kaza­ki­stan e il Turk­me­ni­stan, e una rotta meri­dio­nale che parte dall’Indonesia e arriva all’Oceano Indiano meridionale.
Dirot­ta­mento e «scarpe bomba»In que­sti giorni la stampa ame­ri­cana ha ripor­tato una noti­zia inte­res­sante: un uomo bri­tan­nico è stato con­dan­nato per aver ela­bo­rato un atten­tato su un aereo per conto di al-Qaeda. Durante il suo pro­cesso la set­ti­mana scorsa, avrebbe rac­con­tato ai giu­dici di New York di un piano sepa­rato del 2001, in cui un pilota malese avrebbe dovuto entrare nella cabina di pilo­tag­gio di un jet. E ancora: Saa­jid Badat, con­dan­nato nel 2005 a 13 anni di car­cere per­ché accu­sato di aver tra­mato atten­tati aerei negli Usa, ha detto ai pro­cu­ra­tori degli Stati Uniti al pro­cesso del genero di Osama bin Laden, (svol­tosi mar­tedì scorso), che gli sareb­bero state date due scarpe bomba. Una sarebbe in Gran Bre­ta­gna, l’altra l’avrebbe data ad un con­tatto di una cel­lula malese.
Ed ecco l’aggancio con il pilota, per­ché le auto­rità in Male­sia si sono con­cen­trate su Zaha­rie Ahmad Shah, 53 anni, e il suo co-pilota Fariq Hamid, 27 anni. Si pensa al sui­ci­dio, a un momento di fol­lia, ma anche alla pista poli­tica, per­ché il pilota è accu­sato di essere un «fana­tico» estre­mi­sta, impe­gnato con­tro l’attuale governo della Male­sia. Come fa notare la stampa, però, «subito dopo le dichia­ra­zioni di Najib, la poli­zia è andata a casa del capi­tano Shah in ricerca di prove, ma la sua sto­ria per­so­nale non pre­sen­te­rebbe alcun segno di con­tatto con gli estre­mi­sti». Un altro buco nell’acqua.



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