CINA. 30.000 poliziotti per controllare Internet

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(La Repubblica, GIOVEDÌ, 09 MARZO 2006, Pagina 25 – Esteri)

Migliaia di agenti sorvegliano gli oppositori e i blog, ma nella rete dilagano le illegalità

Cina, 30 mila poliziotti non bastano su Internet è il crimine a vincere

Vendite d´organi, traffici d´armi, droga, medicine contraffatte gioco d´azzardo: ogni giorno nascono duemila siti fuorilegge

Federico Rampini

PECHINO – Vendite di organi umani, traffico d´armi via Internet, droga, medicinali tossici, gioco d´azzardo online: il cyber-spazio cinese alimenta un grande business criminale, ben più pericoloso dei mercatini rionali di Pechino e Shanghai dove si spacciano sulle bancarelle i cd-pirata con i film di Hollywood o i falsi vestiti made in Italy. Mentre il governo cinese impiega trentamila “tecnici-poliziotti“ per censurare siti Internet e blog oscurando le parole-tabù come Tienanmen, Falun Gong, diritti umani e libertà di espressione, dilaga quasi indisturbata l´illegalità quotidiana nel commercio elettronico. «E´ il Far West – dice il maggiore esperto del web cinese, Xiao Qiang – è un luogo selvaggio. Al di fuori della politica, la Cina è il paese più libero del mondo».
L´apparato poliziesco mobilitato dalle autorità cinesi per reprimere ogni voce di dissenso su Internet è imponente. Il Center for Internet & Society della facoltà di legge di Harvard stima che quotidianamente Pechino riesce a bloccare l´accesso a 19.000 siti “scomodi“ che contengono informazioni sgradite al regime, inclusi la Bbc e l´enciclopedia Wikipedia. Questo non impedisce che il 20% di tutti i virus informatici e dello spam che intasa le email nel mondo intero hanno origine in Cina. Ufficialmente il governo di Pechino giustifica l´esistenza dell´armata di censori e della sua Grande Muraglia di Fuoco – come sono soprannominati i filtri di software che oscurano le parole tabù – proprio per combattere attività criminali e la diffusione della pornografia online. Ma con 110 milioni di utenti Internet e un fatturato del commercio elettronico che raggiunge i 60 miliardi di euro all´anno, il cyberspazio cinese è troppo grande per i censori. Di recente sono stati chiusi duemila siti che diffondevano pornografia o promuovevano giri di scommesse clandestine, altrettanti però ne rinascono ogni giorno sfuggendo ai controlli.
Il China Internet Project dell´università di Berkeley ha pubblicato una mappa dettagliata delle attività criminali che fioriscono sui siti cinesi. Vi figurano la vendita di armi in dotazione alla polizia, auto rubate, macchine che fabbricano carte d´identità false, carte di credito clonate, dispositivi elettronici per derubare le slot-machine nei casinò. Molto popolare è il business delle finte schede magnetiche per sottrarre la corrente all´ente elettrico, in un paese dove la bolletta della luce è stata sostituita dalla carta di pagamento che si inserisce nel contatore di casa. Si moltiplicano le truffe a danno di utenti ingenui, come un falso sito della Industrial and Commercial Bank of China (la più grande banca cinese) che attira i correntisti e sottrae le loro password personali per ritirare contanti dai Bancomat. Il giro d´affari più ricco in assoluto è quello della pornografia, inclusi i siti che vendono dvd con immagini per pedofili. Tra le attività più pericolose c´è il vasto traffico online di medicinali contraffatti e stupefacenti, inclusa l´eroina e le cosiddette “date rape“ o “droghe da stupro“ con tanto di istruzioni su come somministrarle alle ragazze per ridurle in stato di incoscienza. Sono in vendita su Internet anche sedicenti cure miracolose contro il cancro o l´Aids. Un caso che ha destato orrore di recente ha coinvolto il portale americano Ebay, dov´è apparso un annuncio dalla Cina per la vendita all´asta di un fegato per il trapianto: prezzo di partenza 100.000 dollari (solo dopo che la segnalazione ha raggiunto la stampa americana, Ebay ha cancellato l´offerta dal suo sito).
Il New York Times ha citato una stima degli analisti di Wall Street secondo cui la Cina si avvia a superare gli Stati Uniti non soltanto per il numero di utenti di Internet – arriveranno a quota 130 milioni entro la fine di quest´anno – ma anche per il fatturato del commercio elettronico, che cresce a ritmi del 50% annuo. Di qui l´interesse dei grandi portali americani – Msn, Yahoo, Google – per il mercato cinese dove già operano dei giganti locali come Alibaba.com. Ma una parte non marginale del business online è in mano alla criminalità organizzata che non sembra dissuasa dalla severità delle pene: le sentenze per i cyber-criminali in Cina possono andare da tre anni di carcere fino alla condanna a morte. Di recente i mass media ufficiali hanno dato ampia pubblicità al processo contro una banda di studenti universitari di una città di provincia che gestivano un sito per la vendita di materiale pornografico.
Nonostante le pene esemplari – la media in quel processo è stata di dieci anni di carcere per imputato – l´effetto deterrente resta limitato. E´ un segno che il cyber-crimine sa qual è la priorità dei censori cinesi: la lotta contro i dissidenti, i blog di giornalisti e attivisti locali che denunciano la corruzione e contestano il regime. Anche in questa battaglia, tuttavia, la censura non è così efficace come vorrebbe. Il fatto stesso che Pechino abbia “arruolato“ Microsoft, Google e Yahoo come collaboratori della censura, attraverso l´uso dei loro filtri automatici per eliminare le parole-tabù, è un segnale che la Cina deve ricorrere all´aiuto degli automatismi del software americano: perfino trentamila cyber-poliziotti a tempo pieno sono troppo pochi per un controllo fatto su misura. Gli stessi blogger democratici hanno nuove risorse a disposizione per proteggersi. Un dissidente cinese rifugiato negli Stati Uniti, che si fa chiamare Bill Xia, ha fondato nel North Carolina la società Dynamic Internet Technology che distribuisce gratuitamente software per neutralizzare la censura cinese. Uno dei dispositivi usati dagli attivisti online si chiama FreeGate e serve a “mascherare“ gli indirizzi di Internet, creando identità provvisorie per collegarsi con i siti occidentali e sfuggire al blackout della repressione politica.

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Che bellezza, la Repubblica si è accorta che gli F-35, i caccia-bombardieri che l’Italia dovrebbe acquistare nei prossimi undici anni al costo di oltre 15 miliardi (ma il prezzo è in crescita, l’aereo proprio non va, e diversi paesi si sono già  ritirati dall'”affare”), sono uno spreco, di questi tempi.

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