Cina, il gigante corre alle armi

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( da La Repubblica, DOMENICA, 05 MARZO, 2006, Pagina 19 – Esteri)

Cina, il gigante corre alle armi

Cresce il bilancio della Difesa. È lo sviluppo più temuto dagli Usa

Si avverano le previsioni del Pentagono: grazie alla sua nuova ricchezza, Pechino sarà il rivale strategico di Washington
Oggi il Congresso nazionale approva un nuovo aumento del 15 per cento nella spesa per armamenti

L´escalation allarma Tokyo e spiega il disgelo nucleare tra l´America e l´India

Federico Rampini

pechino – È lo scenario più temuto dagli americani: la Cina investe la sua crescente ricchezza economica in un rafforzamento militare che ne farà il rivale strategico degli Stati Uniti. Ora questa previsione del Pentagono riceve una nuova conferma: Pechino fa un altro balzo in avanti del 15 per cento nella spesa per armamenti.
L´aumento nel budget della Difesa figura in cima all´agenda legislativa del Congresso nazionale che si riunisce oggi nella sede di Piazza Tienanmen, proprio mentre George Bush conclude il suo giro asiatico delle capitali “amiche“. Il potenziamento dell´Esercito di liberazione popolare coincide con una nuova fase di tensioni tra la Cina e Taiwan, alimenta allarme in Giappone, ed è la spiegazione determinante del disgelo nucleare tra l´America e l´India.
La Cina ha già l´armata terrestre più numerosa del mondo, con 2,5 milioni di soldati, e dall´inizio degli Anni Novanta il suo bilancio militare cresce a ritmi di due cifre percentuali ogni anno. Secondo i dati forniti da Pechino il budget della difesa raggiungerà nel 2006 i 35,3 miliardi di dollari pari al 7,4 per cento della spesa pubblica. Stando a queste cifre, sarebbe comunque meno di un decimo rispetto al bilancio della difesa americano (400 miliardi di dollari). Tuttavia molti centri studi indipendenti, anche in Europa, ritengono che il dato ufficiale dichiarato dal governo di Pechino sia inattendibile e notevolmente sottostimato: includerebbe solo le spese correnti come gli stipendi dei militari, non gli investimenti in nuove armi, in tecnologie e in arsenali missilistici. La vera dimensione dello sforzo bellico cinese potrebbe essere di molti ordini di grandezza superiore a quanto dichiarato. A Washington l´ultimo rapporto del Pentagono pubblicato a gennaio attribuisce alla Cina “il più grande potenziale esistente al mondo per competere con gli Stati Uniti“.
Il nuovo aumento del 15 per cento nella spesa militare viene annunciato nel bel mezzo di una escalation della tensione tra Pechino e Taiwan. La settimana scorsa il presidente taiwanese Chen Shui-bian ha deciso di sciogliere il Consiglio dell´unificazione, un organo consultivo privo di poteri ma che teoricamente avrebbe dovuto preparare in futuro la riunione tra l´isola e la Repubblica popolare. Il gesto di Chen non ha conseguenze pratiche ma ha il valore simbolico di sottolineare la volontà di Taipei di rimanere autonoma.
La reazione dei cinesi è stata durissima. Jia Qinling, uno dei massimi esponenti del regime di Pechino, ha dichiarato: «Non tollereremo mai l´indipendenza di Taiwan e ci opporremo alle forze secessioniste senza compromessi». Ancora più esplicite sono state le parole dei dirigenti delle forze armate cinesi. Il generale Wang Hong-yang ha detto che «l´Esercito di liberazione popolare, in seguito alle recenti azioni del leader di Taiwan, si è messo in stato di preparazione ed è pronto ad entrare in azione immediatamente dietro richiesta delle autorità centrali di governo». La Cina e Taiwan sono separate di fatto dal 1949, quando le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek persero la guerra civile contro i comunisti di Mao Zedong e si rifugiarono sull´isola. Un anno fa il Parlamento di Pechino ha approvato una “legge anti-secessione“ che legittima un attacco militare contro Taiwan se l´isola dovesse procedere verso una dichiarazione formale d´indipendenza. Il rafforzamento militare cinese, e la minaccia di un conflitto con Taiwan (alleata degli Stati Uniti), ha contribuito anche ad accentuare le tensioni fra Pechino e Tokyo.
Il Giappone di Junichiro Koizumi, d´intesa con gli Stati Uniti, ha avviato a sua volta il proprio riarmo e ha deciso di modificare la Costituzione pacifista del dopoguerra per potersi costruire un esercito di nome oltre che di fatto. E la questione cinese incombeva sullo sfondo del recente vertice tra Bush e il premier indiano Manmohan Singh a New Delhi. La Casa Bianca ha voluto liberalizzare le forniture di tecnologia nucleare all´India per corteggiare l´altro gigante asiatico e per tentare di attirarlo nella propria orbita, con l´obiettivo di creare un “cordone“ di alleati attorno alla Cina.
L´aumento del budget della Difesa non è l´unico piano che deve attirare l´attenzione dell´Occidente, nell´agenda dei lavori del Congresso di Pechino. Per gli europei forse la sfida più ravvicinata viene da un altro disegno di legge governativo che riguarda una gara pacifica, quella per la competitività nell´economia globale. La Cina avvia un massiccio aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo, che entro 15 anni dovranno salire fino al 2,5 per cento del prodotto interno lordo nazionale, superando l´Europa e raggiungendo il livello degli Stati Uniti.
Alla stesura di questo programma hanno collaborato duemila scienziati e i settori a beneficiarne di più saranno tutti nelle tecnologie avanzate: aerospaziale, ingegneria genetica, information technology, nucleare, risparmio energetico e fonti rinnovabili. È una conferma che il “made in China“ sarà sempre meno concentrato nei settori ad alta intensità di lavoro come il tessile e il calzaturiero, spostandosi invece rapidamente nelle industrie di punta. Inoltre, con un cambiamento strategico rispetto al passato, la massima parte degli investimenti in ricerca saranno convogliati nel settore privato, ivi comprese le piccole e medie imprese. Il governo intende puntare su 500 “campioni“ dell´economia privata a cui affidare un ruolo di avanguardia nella ricerca e sviluppo.
L´assemblea legislativa del Congresso nazionale affronterà anche i temi sociali che stanno più a cuore alla popolazione cinese, come l´allargarsi delle diseguaglianze tra ricchi e poveri, o tra città e campagne. Il ruolo del Congresso, come quello dei parlamenti democratici, in teoria dovrebbe essere quello di rappresentare le esigenze dei cittadini. In realtà, sotto il monopolio del potere del partito comunista, il più delle volte il Congresso si limita ad approvare scelte già fatte dai vertici del regime. Come ogni anno, anche in questi giorni l´apertura della sessione legislativa è stata preceduta da un giro di vite repressivo: la polizia ha arrestato molti dissidenti e attivisti dei diritti umani, onde evitare che approfittino dell´attenzione dei mass media per organizzare azioni dimostrative attorno al Parlamento. La polizia ha anche espulso dalla capitale centinaia di cittadini che erano affluiti dalle campagne per presentare alle autorità centrali petizioni e denunce per abusi subìti. Nell´attesa che la Cina faccia qualche passo verso la democrazia effettiva, i suoi leader ci hanno già “copiati“ in qualche aspetto della politica- spettacolo. Nella Conferenza Consultiva del popolo, un organo senza poteri decisionali che dovrebbe rappresentare presso il Parlamento le istanze della società civile, è stata cooptata Gong Li, la più celebre star del cinema cinese.

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