Fine dell’incubo, Mastrogiacomo è libero

Loading

Il giornalista di «Repubblica» liberato dopo due settimane di prigionia in Afghanistan nelle mani dei talebani

La trattativa giunta a buon fine dopo la scarcerazione di alcuni talebani

KABUL (Afghanistan) – Ora è libero. Il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo è stato liberato dopo due settimane di prigionia nelle mani dei talebani nel sud dell’Afghanistan. Secondo l’organizzazione umanitaria Emergency è in una struttura della stessa Emergency, un ospedale del sud dell’Afghanistan. Secondo fonti afghane in cambio della liberazione di Mastrogiacomo sarebbero stati liberati 5 esponenti talebani. La liberazione sarebbe avvenuta intorno alle 13.40 ora italiana in un luogo del Sud dell’Afghanistan vicino a una struttura di Emergency, ma la notizia ha cominciato a circolare dopo le 15.

L'inviato di «Repubblica» Daniele Mastrogiacomo (Ansa)
L’inviato di «Repubblica» Daniele Mastrogiacomo (Ansa)
LA GIORNATA – Il momento della liberazione è concitato. L’attesa in Italia dura da ore: c’erano segnali di sviluppi positivi dopo una domenica di voci e smentite. Poco dopo le 15 arrivano quasi contemporaneamente un lancio dell’agenzia afghana Pajhwok e un annuncio sul sito di Peace Reporter, voce sul web di Emergency. Ma il ministerod egli Esteri gela l’entusiasmo: «Non ci risulta». Passano alcuni minuti e un rappresentante di Emergency conferma in diretta tv a Sky: «Mastrogiacomo è in un nostro ospedale. Sta bene». Alle 15 e 20 le agenzie diffondono la nota ufficiale del ministero degli Esteri con l’attesa conferma: «Daniele Mastrogiacomo è libero». E poco dopo il responsabile di Emergency, Gino Strada, conferma al Tg3 di assere accanto a lui: «Mi trovo a 5 metri da Daniele non sono in grado di fare discorsi, posso dire solo che siamo felici, felici, felici per lui e la sua famiglia. Daniele sta bene è in grande forma».

LA SODDISFAZIONE DI PRODI – Passano meno di cinque minuti ancora e il premier Romano Prodi compare in sala stampa per comunicare la propria gioia per la soluzione: «Mastrogiacomo è all’ospedale di Emergency in buona salute, io spero che in pochi giorni si possa abbracciarlo. «Siamo soddisfatti e vicini alla famiglia, alla moglie, al fratello e ai figli che hanno molto sofferto in questi giorni e al direttore di Repubblica che è stato molto vicino per un’operazione non semplice di cui daremo i dettagli più avanti». Il riferimento di Prodi riguarda la contropartita chiesta dai Talebani che, come si è saputo oggi, ha comportato la scarcerazione non di due ( o tre come sembrava ieri) ma ben 5 uomini detenuti nelle carceri afghane.
Secondo fonti afghane i cinque sarebbero Ustad Yasir (il capo di una corrente culturale talebana), il mufti Latifullah Hakimi (ex portavoce dei talebani), Mansoor Ahmad (fratello del capo talebano Dadullah che ha sequestrato Mastrogiacomo) e due comandanti talebani, Hamdullah e Abdul Ghaffar.

L’ATTESA – Dopo la delusione di domenica la giornata di oggi era cominciata con una ridda di voci che da Kabul, parlavano di una liberazione imminente a cui si contrapponeva l’attesa di Palazzo Chigi a Roma e della Farnesina da dove il ministro degli esteri Massimo D’Alema, in partenza per Washington, avvertiva che «si tratta di un’operazione molto complessa. Abbiamo più volte invitato a prudenza e a silenzio». Sulla stessa linea il premier Romano Prodi: «Nessuna dichiarazione può essere fatta su Mastrogiacomo, rispettiamo il silenzio stampa».

LO SCAMBIO – Domenica, le ultime notizie confermavano che Mastrogiacomo e il suo interprete Adjmal Nashkbandi si trovavano nelle mani dei capi tribali fedeli ai Taleban – perciò di fatto ancora in stato di detenzione – mentre si aspettava che il Mullah Dadullah, il massimo comandante Taleban dell’area meridionale dove è stato preso l’inviato di Repubblica il 5 marzo, tenesse fede agli impegni presi di scambio di prigionieri. Fonti afghane avevano riferito domenica che i due principali detenuti di cui era stata richiesta la liberazione si trovavano già a Lashkar gah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand, ma restavano problemi sul «terzo uomo» e sulla richiesta di altri rilasci.
(Corriere.it, 19 marzo 2007)

/wp-contents/uploads/doc/“>


Related Articles

Raid aerei contro i jihadisti una no-fly zone sulla Siria

Loading

Pronto il piano di Obama. Intensificazione dei raid aerei contro le postazioni dell’Isis. Oggi il discorso alla nazione, il Congresso non voterà

Il keynesismo militare di Donald Trump

Loading

Stati uniti. L’annuncio continuo del caos prepara il ritorno al neo-keynesismo militarista

Soldati e contractor sulle navi contro gli attacchi dei pirati

Loading

La novità  nel decreto sulle missioni. Saranno pagati dagli armatori 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment