La nube radioattiva ora è sull’Italia “Ma i rischi per la salute sono minimi”

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ROMA – Palazzo Chigi ha ufficializzato il colpo di freno sul nucleare («un’opportuna moratoria di almeno un anno così da pervenire a decisioni ponderate e serene, non condizionate dall’emotività  del momento») appena prima dell’arrivo della nube di Fukushima. La massa d’aria, caricata di radionuclidi dall’agonia del reattore giapponese, sorvolerà  oggi l’Italia seminando un’inquietudine che appare legata al ricordo di Chernobyl e all’incertezza del presente più che a una minaccia reale. Il pericolo sanitario si è infatti diluito lungo il cammino ma il rischio associato alle politiche energetiche della maggioranza è più che mai presente. Tanto che il governo, in tempi di tagli draconiani, ha deciso di spendere più di 300 milioni di euro per tenere i referendum su nucleare, privatizzazione dell’acqua e legge sul legittimo impedimento lontani dalle amministrative sperando nel mancato raggiungimento del quorum (si voterà  il 12 e 13 giugno). In un paese che sta perdendo fiducia nel futuro anche l’ombra di una minaccia fa paura. Così, per tranquillizzare chi ha ancora negli occhi il dramma del 1986 che tolse il latte e le verdure a foglia larga dalla nostra tavola, il ministro della Salute Ferruccio Fazio e le associazioni dei medici hanno dovuto ripetere l’appello a stare tranquilli: «Problemi di sicurezza per la nube non ce ne sono». Il remake della catastrofe ucraina non è possibile innanzitutto per le distanze in gioco. Se da Roma pigliamo un aereo per Tokyo voliamo per 10 mila chilometri, ma la nube ha fatto un percorso molto più lungo. Ha seguito i venti che l’hanno spinta verso il Pacifico. Ha attraversato l’oceano ed è arrivata già  indebolita in America. Poi ha superato gli Stati Uniti e l’Atlantico continuando a perdere progressivamente per strada il suo carico radioattivo. In Italia arriva sfiancata da un viaggio di 30 mila chilometri. «È un tragitto lunghissimo se teniamo presente che solo una particella su mille miliardi riesce a superare il percorso tra il Giappone e gli Stati Uniti», ricorda il climatologo dell’Enea Vincenzo Ferrara. «Inoltre in questo caso entrano in gioco altri due fattori. Il primo è la quantità  di radioattività  emessa a Fukushima che è mille volte inferiore a quella prodotta a Chernobyl. Il secondo è l’altezza della colonna dei fumi: il disastro del 1986 spinse le particelle a diversi chilometri di quota, questa volta sono restate entro i mille metri, quindi con un raggio d’azione ridotto». La geografia ha rovesciato i ruoli e questa volta è Tokyo che si trova costretta a rivivere le preoccupazioni che sconvolsero l’Europa 25 anni fa: i bambini della capitale che non possono bere l’acqua del rubinetto, la lista nera degli alimenti, i prodotti giapponesi guardati con sospetto in tutto il mondo. E il dramma non si è ancora concluso, tanto che l’assessore alla Salute del Comune di Milano, Giampaolo Landi, dopo aver attivato un pool di esperti per il monitoraggio, ha dichiarato: «Tutti possono stare tranquilli perché i radionuclidi si sono dispersi per strada. Diversa sarebbe invece la situazione se l’ultimo dei sei reattori ancora in condizioni di criticità  dovesse sfuggire al controllo». Anche il presidente dell’Agenzia per la sicurezza del nucleare, Umberto Veronesi, ha ribadito la necessità  di un «periodo di riflessione sull’efficacia dei sistemi di sicurezza degli impianti nucleari». Il rischio comunque non è legato alla nube. «Se anche le correnti dovessero trasportare sull’Italia particelle radioattive provenienti dalla centrale di Fukushima», ha precisato Ferruccio Fazio, «si tratterebbe comunque di quantità  infinitesimali che non avrebbero alcun effetto sulla salute». Ma a 30 chilometri dalla centrale giapponese la situazione è molto diversa, come ricorda Roberto Moccaldi, del Cnr: «La radioattività  si misura tra i 95 e i 170 microsievert ora, chi vive lì è come se si facesse 6 o 7 radiografie al torace ogni giorno, un’esposizione di cui in Italia non c’è traccia».


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