Ora scelte bipartisan

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Nel suo comunicato, il presidente della Repubblica parla di «piena sintonia» con Usa, Gran Bretagna ed «altri alleati» . Le parole segnalano una potenziale crepa nella coalizione occidentale. E puntellano la richiesta del premier Silvio Berlusconi. Per capire se e in che modo la Nato parteciperà  all’intervento sarà  necessario aspettare qualche giorno; e soprattutto, superare ostacoli politici che non riguardano solo la Francia, piccata da quelle che definisce «polemiche artificiose» . I contorni dell’azione contro il regime di Gheddafi rimangono ambigui: nel senso che ognuno finora ha teso a plasmarli secondo le convenienze nazionali. Ma proprio per questo, la capacità  dell’Italia di avere posto alla comunità  internazionale il tema di una gestione coordinata dell’intervento militare rappresenta un passo avanti. Come minimo, l’Occidente può evitare che la Libia diventi, è stato detto, una sorta di «Iraq dell’Europa» : un pantano strategico, prima che militare, nel quale è facile entrare ma dal quale è difficilissimo uscire. Il governo di Roma si è mosso fra esitazioni e incertezze: prima spiazzato dall’interventismo franco inglese; poi frenato e riorientato dalle cautele della Lega; e con un fondo costante di imbarazzo per i rapporti fra Berlusconi e Gheddafi. Ma sta passando la sua proposta, dettata anche dalla percezione acuta che ruolo e interessi italiani nel Mediterraneo corrono un pericolo mortale. A questo punto, il rischio è che si raggiunga un accordo di per sé laborioso sulla Nato, e poi manchino la convinzione e la disciplina per farlo funzionare: premessa indispensabile, quando si decide una missione che prevede bombardamenti aerei, indebolita dallo smarcamento della Germania. Per il governo di centrodestra, l’incognita riguarda la capacità  di consegnare una questione così dirimente non a polemiche sterili fra maggioranza e opposizione, ma al Parlamento. Fra l’altro, ritrovare un simulacro di unità  nazionale sulla politica estera significherebbe scoraggiare scarti e ripensamenti; e dare un’immagine del Paese meno sgualcita. C’è da chiedersi se non sarebbe stato meglio affidare allo stesso Berlusconi il compito di spiegare oggi in Parlamento l’intervento in Libia. Forse, è insieme il segno di una difficoltà  e di una situazione in bilico: anche per le incognite pesanti dell’immigrazione dal Maghreb. L’appello italiano alla Ue affinché ne condivida i costi può preludere a tensioni non solo interne. Ma se non sarà  governato, il problema dei profughi promette di diventare un fattore di debolezza e discordia in un momento in cui l’Europa dovrebbe mostrarsi unita: anche se non lo è.


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