“Gheddafi vi minaccia con gli immigrati dopo di lui non saranno più un problema”

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Quando parla con Franco Frattini si rivolge al ministro degli Esteri italiano chiamandolo his excellency, sua eccellenza, come fanno i diplomatici rivolgendosi agli uomini di governo. Ma ormai anche lui, Ali Al Isawi, ex ambasciatore di Gheddafi in India, “ministro degli Esteri” del Consiglio di Bengasi, ha fatto il suo bravo salto in politica. Durante la conferenza stampa alla Farnesina e poi in un incontro alla comunità  di Sant’Egidio, il ministro dei ribelli i suoi segnali politici li lancia con precisione. Una premessa: agli uomini di Sant’Egidio che hanno facilitato i contatti con il Consiglio di Bengasi in vista di una possibile visita a Roma, Al Isawi aveva fatto sapere «non vengo a Roma per fare del turismo». Come dire: mi aspetto qualcosa di concreto. E a Roma ha avuto successo. Ambasciatore, qual è il bilancio di questa visita a Roma? «Siamo soddisfatti di questa visita, abbiamo capito la vicinanza del governo italiano, abbiamo sentito la loro solidarietà . Sono con noi al centro per cento su molti punti: noi eravamo stupiti che l’Italia non fosse stata la prima a scendere al fianco del popolo libico, i nostri rapporti storici, il fatto che siate il primo partner commerciale della Libia per noi significavano qualcosa. Ma poi ho colto la vostra vicinanza, anche oggi nelle parole di Frattini quando ha reagito all’ultimo trucco di Gheddafi, quello di mandare inviati in giro per l’Europa. Confermo, non c’è nessuna possibilità  soluzione a questa crisi continuando a seguire le mosse criminali del regime». Lei conferma che non c’è possibilità  di transizione se il potere a Tripoli dovesse passare nelle mani di uno dei figli del Colonnello? «Con l’Italia abbiamo l’obiettivo comune che qualunque iniziativa politica che non porti alla partenza di Gheddafi non sia accettabile e non risolverà  questa crisi. Rimpiazzare Gheddafi con uno dei suoi figli non è per noi una soluzione accettabile. Sono tutti coinvolti nelle uccisioni in corso in Libia, stanno conducendo le operazioni militari contro i libici: questo non è accettabile dai libici e dal Consiglio. Così come non è accettabile alcun processo che porti a una divisione della Libia». Ambasciatore, il vostro governo chiede armi ai paesi della Nato e della coalizione che combatte per voi contro Gheddafi. Non crede che questo violi la lettera e lo spirito della risoluzione Onu? «Abbiamo l’idea comune che questa risoluzione non esclude la possibilità  di fornire armi ai libici perché possano difendersi da soli. La priorità  è proteggere i civili. Non abbiamo chiesto forniture di armi, ma abbiamo discusso dell’articolo della risoluzione 1973 che parla di usare tutti i mezzi per proteggere i civili. Questo significa permettere al popolo di difendersi fornendogli i mezzi. Mantenere questa situazione in cui il popolo non viene protetto né gli si dà  il diritto di proteggersi non è accettabile. O la Nato ferma i carri armati di Gheddafi o dobbiamo essere in grado di farlo noi». Non molti hanno chiaro quale potrà  essere il ruolo dell’integralismo islamico fra voi e nella nuova Libia. «Guardate, Gheddafi ha sempre detto che lui era il vero baluardo per l’Occidente contro Al Qaeda, contro il terrorismo integralista. Poi appena ha detto di essere pronto ad allearsi con Al Qaeda contro l’Europa e l’Occidente. La Libia vuole solo consolidare un processo di riforme democratiche, vuole creare le sue istituzioni in cui ci sarà  posto per tutti, e nessuno sceglierà  più la violenza dopo 42 anni di questo regime. E preciso un’altra cosa sull’immigrazione: questo fenomeno è stato creato dal regime per spaventare l’Europa. Crediamo che non sarà  un problema in futuro dopo Gheddafi, perché è stato fabbricato artificialmente da lui».


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