Todorov: basta vivere di egoismi nazionali Tutta l’Unione affronti l’emergenza

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Trovo questo riflesso davvero deplorevole, un segno che le nostre élite politiche non sono realmente europee. L’immigrazione è un problema di tutta l’Unione, non certo italiano, francese o tedesco» . Tzvetan Todorov, nato in Bulgaria 72 anni fa, francese dal 1973, è uno dei più grandi intellettuali di un’Europa oggi in crisi. La Ue ha rischiato la disgregazione per le difficoltà  dell’euro, salvandosi (forse) in extremis. È l’altro bastione, quello di Schengen, a metterla ora in discussione? «Si parla di una possibile uscita dal trattato di Schengen, o di una sua sospensione. Per me, che sono un sostenitore dell’integrazione europea, sarebbe un enorme passo indietro» . L’Italia lamenta di essere stata lasciata sola. «Penso che se francesi e tedeschi tengono alla sopravvivenza del trattato di Schengen, allora dovrebbero aiutare l’Italia a fare fronte alla situazione e a proteggere le sue frontiere, che sono, è bene ricordarlo, anche frontiere dell’Europa. Il problema non può essere solo italiano, e l’Italia non può scaricarlo su altri singoli Paesi, usando magari il sistema dei permessi temporanei. È una questione da affrontare al livello dell’Unione europea» . Mentre già  siamo alle prese con gli immigrati tunisini, la Commissaria europea all’immigrazione, la svedese Cecilia Malmstrà¶m, annuncia che 450 mila rifugiati libici si preparano a tentare lo sbarco. «Visto che l’Occidente ha deciso di bombardare alcune zone della Libia per proteggere i civili, il minimo è che poi accetti di dare accoglienza a quanti fuggono da un regime che, secondo lo stesso Occidente, merita di essere bombardato» . La sua, in Francia, è stata una delle rare voci critiche della missione in Libia, decisa evocando i diritti umani e il sostegno alla «primavera dei popoli arabi» . Un sostegno meno convinto quando gli arabi arrivano a Lampedusa. «Siamo di fronte alla grande ipocrisia di un’Europa che si ricorda dei diritti umani solo quando le fa comodo, come dice oggi su Le Monde anche il premier polacco Donald Tusk, che pure ci crede ancora e vuole entrare nell’euro» . Questo significa che dovremmo accogliere i tunisini? «No, non lo penso affatto. Chi riesce a mettere piede a Lampedusa non può, per questo solo motivo, pretendere di restare in Europa. Anzi è crudele illudere queste persone, lasciare loro credere che rischiando la vita acquisiscano dei diritti. Il caso dei tunisini, che abbandonano un Paese dove la dittatura è finita, è diverso da quello dei libici che potrebbero arrivare. Penso piuttosto alle violazioni dei diritti dell’uomo sul territorio europeo, in Francia per esempio, dove persone senza documenti che vivono qui da anni pagando le tasse e i contributi per le spese mediche vengono rintracciate seguendo i figli all’uscita da scuola, ed espulse. Qui sta la grande ipocrisia dei diritti dell’uomo» . Lo spettacolo di un’Europa che si divide, di Stati che provano a scaricare gli immigrati sul vicino, non è una delusione per i popoli del Sud del Mediterraneo? Non dovremmo offrire loro un modello ideale alternativo alle passate dittature? «Certamente. Siamo stati pronti a sganciare sulla Libia le “bombe umanitarie”, secondo la spaventosa espressione, degna della neo-lingua orwelliana, usata per la prima volta da Vaclav Havel per l’intervento contro Belgrado. Ora dovremmo dimostrarci all’altezza offrendo una risposta seria e comune, aiutando quei popoli a costruire il futuro in patria» . Se in Italia la questione dei contrasti europei è al centro del dibattito, la Francia su questo appare più distratta. «Lampedusa è in Italia. Il nostro relativo disinteresse è una perfetta illustrazione dell’egoismo nazionale che ancora, purtroppo, prevale in Europa» .


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