Il popolo di Internet

Loading

Sì, è possibile, per quanto contraddittorio o paradossale ciò possa apparire. È accaduto la settimana scorsa tra Parigi e Deauville, in occasione del G8 che Nicolas Sarkozy ha voluto far precedere da un grande incontro dedicato appunto ai problemi di Internet. Mettere questo tema al centro dell’attenzione mondiale poteva essere un fatto significativo se fosse stato accompagnato da presenze, proposte, conclusioni davvero corrispondenti alle dinamiche innovative, alle opportunità , alle sfide difficili che ogni giorno Internet propone a miliardi di persone. Non è stato così. Le molte parole dedicate a Internet nel comunicato finale del G8 sono vaghe quando si parla di libertà  e diritti, e terribilmente precise quando vengono in campo gli interessi. Un esito prevedibile e previsto. Nelle parole di apertura di Sarkozy, infatti, Internet non è il più grande spazio pubblico che l’umanità  abbia conosciuto. È, invece, un continente da “civilizzare”, dunque un luogo dove si manifestano in primo luogo fenomeni negativi che devono essere eliminati.
Questo rovesciamento di prospettive non sorprende. Sarkozy è il governante che più ha sostenuto la necessità  di affrontare i problemi del diritto d’autore unicamente con norme repressive, riproponendo in ogni occasione la sua legge Hadopi come modello, e che ha subordinato il rispetto della stessa libertà  di espressione alle esigenze di forme generalizzate di controllo (è appena uscita in Francia una raccolta di analisi critiche delle sue politiche dal titolo Sarkozysme et droits fondamentaux de la personne humaine). È il politico che affida la “grandeur” francese ad una agenzia pubblicitaria, che ha organizzato l’incontro di Parigi, e la fa puntellare dalla presenza di quei padroni del mondo digitale che si chiamano Google, Microsoft, Facebook, che tuttavia hanno profittato dell’occasione per rivendicare un intoccabile potere.
Il comunicato finale del G8 rispecchia largamente questo spirito. Si parla del ruolo fondamentale di Internet nel favorire i processi democratici, ma non compare neppure un pallido accenno alle persecuzioni contro chi adopera la rete come strumento di libertà , alle decine di bloggers in galera in diversi paesi totalitari, alle forme indirette di censura in paesi democratici. Si subordina così il rispetto dei diritti fondamentali, della libertà  di manifestazione del pensiero in primo luogo, alle logiche della sicurezza e del mercato, con un evidente passo indietro rispetto a quanto è da tempo stabilito, ad esempio, dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali dell’Onu. Si inneggia alla presenza di tutti gli “stakeholders”, dunque di tutti gli attori dei processi messi in moto da Internet, ma poi si opera una drastica riduzione di queste presenze a qualche ministro francese (assenti i politici di altri paesi, in particolare gli americani notoriamente assai critici) e ai rappresentanti delle grandi imprese.
Una scelta così clamorosa e spudorata, che ha portato persino alla esclusione dei rappresentanti delle istituzioni che assicurano il funzionamento di Internet (Icann, Isoc), ha provocato una reazione dei pochi rappresentanti della società  civile lì presenti, che hanno improvvisato una dura conferenza stampa, dove hanno preso la parola personalità  rappresentative e tutt’altro che estremiste, come Lawrence Lessig e Yochai Benkler.
Siamo in presenza di una preoccupante regressione politica e culturale. L’esclusione degli altri attori, del popolo di Internet, ha determinato la cancellazione delle più interessanti elaborazioni e proposte di questi anni su modalità  e principi ai quali riferirsi per il funzionamento di Internet.
Siamo tornati alla contrapposizione frontale tra regolatori, identificati con chi vuole imporre alla rete controlli autoritari, e difensori di una libertà  in rete identificata con la libertà  d’impresa. è stata ignorata la dimensione “costituzionale”, quella che mette al primo posto una serie di principi fondamentali che tutti, legislatori e imprese, devono rispettare. Così stando le cose, sono ben fondate le critiche di chi ha parlato di un “takeover” dei governi su Internet, di una dichiarata volontà  politica di mettere le mani sulla rete. E si è svelato pure il significato del richiamo al diritto di accesso da parte delle imprese.
Quando Eric Schimdt, parlando per Google, ha detto che l’unico compito dei governi deve essere quello di assicurare a tutti l’accesso ad Internet, certamente ha colto un punto essenziale, come dimostrano le molte costituzioni e leggi che in tutto il mondo stanno affrontando questo tema. Ma la sua indicazione si concreta poi in una richiesta volta soprattutto a rendere possibile la fornitura di servizi capaci di generare crescenti risorse pubblicitarie (ultimo Google Wallet), dunque di immergere sempre più profondamente le persone nella logica del consumo, mentre altra cosa è il libero accesso alla conoscenza in rete.
Certo, le imprese fanno il loro mestiere. Ma la loro capacità  di produrre innovazione non può tradursi nella legittimazione ad essere gli unici regolatori di Internet. Perché è proprio così, dal momento che dispongono delle informazioni sui loro utenti, che sono i decisori unici e finali di molte controversie su che cosa deve entrare o rimanere in rete, che troppe volte hanno accettato le imposizioni di governi con l’argomento che stare sul mercato significa rispettare le regole nazionali, che esercitano un enorme potere economico.
I pallidi e retorici accenni alla privacy nel comunicato del G8, l’assenza di riferimenti alle posizioni dominanti di molte imprese, rivelano l’intento di una politica che vuole salvaguardare i propri poteri autoritari riconoscendo alle imprese un potere altrettanto autoritario. Inquieta, poi, la mancata analisi del tema della neutralità  della rete, essenziale presidio per libertà  e eguaglianza.
Ma questo disegno, questa nuova distribuzione del potere planetario non sono una via regia che potrà  essere percorsa senza resistenze. Si potrà  far leva sulle stesse contraddizioni del comunicato, cercando di rovesciarne le gerarchie e mettendo così al primo posto i riferimenti a libertà  e diritti, alla pluralità  degli attori.
Alla povertà  e all’autoritarismo di quel comunicato si potrà  opporre la ricchezza del rapporto dell’Onu sulla libertà  di espressione che sarà  presentato nei prossimi giorni a Ginevra. Peraltro, non sembra che tutti i governi siano pronti ad identificarsi con quella linea, come già  mostrano alcune indirette riserve americane e le interessanti dichiarazioni del ministro degli Esteri tedesco. E soprattutto i soggetti e i progetti cancellati dal G8 con una mossa autoritaria rimangono vitalissimi e con essi, con la forza propria di Internet, bisognerà  pure fare i conti.
La grande partita politica di Internet rimane aperta.


Related Articles

Finanzieri al Tg1. Minzolini: i pm esagerano

Loading

Acquisiti atti nella causa-Ferrario. Il direttore in video. Garimberti: inopportuno.  Il centrodestra: è un’intimidazione Il cdr: l’editoriale ha veramente passato il segno

La «minaccia» di WikiLeaks per i potenti: informare tutti

Loading

WikiLeaks e il suo fondatore meritano la solidarietà di tutti coloro i quali ritengono che i cittadini del mondo non debbano essere trattati come bambini

Dai Verdi solidarietà  ai cronisti di «Terra»

Loading

Solidarietà  ai giornalisti e poligrafici del quotidiano «Terra» è stata espressa da Natale Ripamonti, dell’esecutivo nazionale dei Verdi, che ha ricordato come il movimento ecologista sia intervenuto presso l’editore del quotidiano alla ricerca di una soluzione che garantisca i lavoratori.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment