La Cgil va allo sciopero: più impiego, meno fisco

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Guardando meglio, però, la situazione non è così semplice come potrebbe sembrare: la Cgil oggi scende in piazza per lo sciopero generale, e chiede al governo una nuova distribuzione del reddito attraverso il fisco, più sviluppo e lavoro; nel contempo, in un’intervista al Corriere della Sera, ieri proprio Susanna Camusso apriva alla possibilità  di un accordo con l’esecutivo – e in particolare con il ministro Sacconi – sull’apprendistato. Dunque, nel bailamme che precede le amministrative, con i rivolgimenti che potrebbero seguirne, c’è comunque un «filo» su cui il maggiore sindacato italiano sta tentando un faticoso equilibrio, e non è per ora quello della guerra totale. 
Senza contare che la vittoria del sì al referendum Bertone, con la difficile scelta che la Fiom si è vista costretta ad accettare, ha aumentato l’«esposizione» della Cgil rispetto alla Cisl, alla Confindustria, allo stesso governo. Così Susanna Camusso, avendo di fronte il titolare dell’Economia, giocoforza ha concentrato il nucleo del suo intervento sul fisco: «Serve una tassa sulle grandi ricchezze per combattere la precarietà  e restituire ai giovani l’età  adulta – ha spiegato – I grandi patrimoni ci sono ed è meglio tagliare lì che sullo stato sociale». Poi la segretaria ha aggiunto che «contro il lavoro precario, tra le cose che si possono fare e che non costano c’è la riduzione delle forme di assunzione: attualmente sono 35 e potrebbero tranquillamente diventare 3 o 4. Deve cambiare la redistribuzione della ricchezza: va modificata la torta e quindi la finanza deve mettere a disposizione più ricchezza da destinare al lavoro per i giovani». 
Tremonti ha fatto orecchie da mercante. «La patrimoniale in Italia è stata messa nel 1948 e ha funzionato malissimo – ha replicato il ministro – Allora la ricchezza era molto statica, ora è molto diverso e ho l’impressione che le grandi fortune non sono presenti sul territorio ma sono tutte all’estero». Quindi, secondo Tremonti, «con la patrimoniale si andrebbero a tassare bot e case di poveri e famiglie». «Se l’obiettivo è quello dell’assetto fiscale, è giusto e comune, ma non se è frutto di un’ideologia in parte legata al passato». 
Il ministro «è sfuggente» dirà  in conclusione dell’incontro Camusso ai giornalisti. «Non risponde mai – spiega la leader Cgil – Anche nel valutare le cose fatte dal governo non ci ha detto nulla, ha continuato con il ritornello dei conti pubblici. Tremonti non dà  risposte, si limita a dire che il mondo è cambiato. Fa finta di non avere una collocazione, di non difendere schieramenti». Poi un affondo contro la nuova manovra che l’esecutivo si appresta a varare: «Con buona pace di annunci e smentite, sarà  tutta in termini di tagli». Allo stesso tempo, però, la segretaria Cgil ha riconosciuto al responsabile del Tesoro che il ricorso agli ammortizzatori sociali e in particolare alla cassa in deroga è stato uno «strumento straordinario, essenziale per non avere la rottura sociale: però dopo 3 anni c’è la preoccupazione per un apparato produttivo che non si riprende». 
Ecco dunque che lo sciopero di oggi – proclamato di 4 ore, ma «raddoppiato» a 8 in tante categorie e territori – secondo la Cgil serve proprio a riportare al centro il lavoro e la necessità  di vere riforme per ripartire, dicendo no ai tagli allo stato sociale. Sul fisco, la Cgil reclama «un intervento di giustizia sociale che alleggerisca il carico fiscale su dipendenti e pensionati» e che possa reperire «le risorse, necessarie per la crescita, accumulate nei grandi patrimoni, nelle rendite e nelle transazioni finanziarie».
Molti cortei saranno aperti dai precari. I giovani «non più disposti a tutto» chiedono «il diritto di sciopero, che oggi a molti di noi è negato»; pretendono «un cambiamento radicale nelle politiche di questo governo, a partire dalla cancellazione delle troppe e truffaldine forme contrattuali precarizzanti e facendo diventare più caro per le imprese il lavoro precario»; chiedono «subito un welfare inclusivo, alternativo a quello ridotto all’osso dall’attuale governo, che si ponga come primo obbiettivo quello di dare continuità  di reddito a chi cerca lavoro, a chi non ce l’ha, e a chi ha lavori strutturalmente discontinui».


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