“Io, mezzo Crusoe e mezzo Venerdì”

Loading

Ma anche l’amore per la pittura come il nonno, il primo prestito della madre, le poesie giovanili vendute per strada Incontro con il premio Nobel, i suoi dipinti e una poesia inedita scritta in una notte romana “I dittatori arrestano o uccidono gli scrittori poiché spronano le persone a non arrendersi Mandel’Å¡tam che compara i baffi di Stalin a degli scarafaggi: è questo il compito dell’intellettuale” «la notte scorsa ho scritto questo canto di una lavandaia, anche i disegni li ho fatti io». Sui bordi del foglio che il poeta caraibico Derek Walcott, premio Nobel nel 1992, dona a Repubblica, sono tratteggiate con una stilografica due donne mentre lavano i panni al fiume; tra loro, come a separarle, più di una trentina di versi pulitissimi, intitolati in stampatello The Mother. Fanno parte di una pièce teatrale che Walcott ha chiamato Moon-Child (Ti-Jean in Concert), riscrittura in forma poetica di una delle sue opere più importanti, Ti-Jean e i suoi fratelli. Pittore, poeta e drammaturgo, Walcott è nato ottantuno anni fa in una piccola isola, Santa Lucia, e dalla periferia dell’Impero britannico ha rinnovato la lingua inglese seguendo il principio per cui «la maturità  è l’assimilazione delle caratteristiche di tutti i propri antenati». È ospite dell’Accademia americana di Roma, in una dependance attigua alla Villa Aurelia, sul Gianicolo: sopra il tavolo ci sono poesie sparse e libri. Fu la madre, racconta, la prima ad aver avuto fiducia in lui: «La convinsi a prestarmi duecento dollari per pubblicare la mia prima raccolta di poesie, una cifra enorme negli anni Quaranta. Faceva l’insegnante in una scuola materna. La ricordo serena, calma. Credeva in ciò che facevo perché anche suo padre era stato uno scrittore e un pittore. Cercai di vendere le copie per strada, non ne ricavai granché». Entrambi mulatti, i genitori di Walcott appartenevano alla minoranza anglofona e metodista in un contesto prevalentemente cattolico in cui la lingua usata era il patois francese: «La mia isola veniva definita la Sant’Elena delle Indie Orientali, era un forte che passò molte volte di mano, dai britannici ai francesi e viceversa». Talvolta, oltre a dipingere, componeva degli inni, «non perché ero attratto dalla prospettiva di divenire un predicatore, ma per il fatto che i propositi dei protestanti possono essere molto poetici». Giura che l’episodio epifanico narrato nell’autobiografico Another Life (1973), quando si perse nel bosco e comprese il legame che lo legava alla gente dell’isola, «è realmente accaduto. Ancora oggi però – confessa – mi sento diviso, un miscuglio, fisicamente e culturalmente». Riunire tutti i brandelli dei Caraibi è uno dei leitmotiv delle migliaia di versi che ha scritto, una delle grandi questioni che lo separa intellettualmente dall’altro Nobel caraibico, V. S. Naipaul, molto meno incline a riconoscere la forza della cultura autoctona. «Le mie opere poetiche – continua Walcott – sono state influenzate dagli scrittori che ho letto, incluso Dante; al modo in cui i grandi pittori hanno cominciato da assistenti nelle botteghe ho sempre cercato di imparare più che potevo imitando direttamente. Pasternak ha detto che il grande artista non ha tempo per essere originale. È una profonda verità . La nostra società  materialista crede invece in una originalità  individuale». L’arte caraibica, fatta di razze, culture e religioni diverse, «consiste nel mettere insieme i pezzi di vasi rotti. Per quanti sforzi compia la storiografia, però, il vaso non ritorna mai quello di prima». E ancora: «I Caraibi hanno rigettato l’idea della storia come musa», afferma ripensando ai massacri dei nativi, alla schiavitù dei neri, alla deportazione di criminali e prostitute. «Se si torna alle credenze e alla logica dei nostri conquistatori ciò vorrebbe dire fare un torto a noi stessi, arrendersi e rimettere nelle loro mani la nostra vita. La nostra storia va oltre quella europea, così come non può essere ridotta neanche a quella africana. È solamente e unicamente caraibica». Voltare le spalle all’Africa e alla cultura anglosassone ha significato «trovare una personale identità  e dimensione nell’attrito tra forze storiche». Tra le tante maschere che ha indossato c’è anche quella di Robinson Crusoe: «Nel ’53 andai a vivere a Trinidad. Molti sostengono che nella vicina Tobago Robinson abbia fatto naufragio. Il suo vero nome era Alexander Selkirk. Per me è un mito, come Calibano, e rappresenta la figura del nativo che diventa servo del naufrago europeo». A chi interpreta il romanzo di Defoe come l’esaltazione dello spirito capitalistico e dello sfruttamento colonialista, Walcott risponde che «la relazione tra Robinson e Venerdì non era politica ma affettiva», confessando così quella duplice identificazione (occidentale e indigena) di cui parlano spesso i suoi critici. Sulla parete sono piantati due dipinti che ha portato con sé, un paesaggio caraibico e un volto che ha un’aria di famiglia: «Non ho mai abbandonato la pittura, che resta la compagna inseparabile della poesia». Chi scrive, dice, è portatore di una responsabilità : «I dittatori arrestano o uccidono i poeti poiché spronano gli individui a non arrendersi. Mandel’Å¡tam che compara i baffi di Stalin a degli scarafaggi – Ridono i suoi baffi da scarafaggio, e brillano i suoi gambali – è questo il compito dell’intellettuale nella società ».


Related Articles

Quando il diavolo tenta Abele La tragedia più nera di Stevenson

Loading

Nel «Master di Ballantrae» paura e male non lasciano scampo

I Segreti del Gattopardo

Loading

Quel distacco dal Fascismo nella rilettura dell’opera  Un saggio di Nigro sul capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Con interpretazione e documenti ineditiSecondo il critico il romanzo va messo insieme al racconto “La Sirena” 

Un Manifesto per le librerie

Loading

L’iniziativa di Marcos y Marcos che coinvolge scrittori e artisti.  La casa editrice ha raccolto le frasi di tanti autori che spiegano l’importanza degli scaffali indipendenti 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment