Scuola, prof verso il boicottaggio “Quei test un’inutile schedatura”

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Al via tra le polemiche le prove Invalsi 2011. Da domani mattina, per tre giorni, oltre due milioni di bambini e studenti italiani saranno chiamati a cimentarsi con i questionari di Lettura e Matematica predisposti dall’Invalsi: l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione. L’obiettivo è quello di saggiare il livello di preparazione degli alunni italiani in due aree scandagliate anche dai test Ocse-Pisa che ci vedono tristemente nelle zone basse della classifica internazionale. Ma su questa tornata di Rilevazione degli apprendimenti incombe la protesta degli insegnanti e di interi collegi dei docenti. Quest’anno, anche presidi, genitori e studenti mostrano di non gradire troppo il “censimento” che passerà  in rassegna le competenze in Lettura e Matematica dei bambini delle seconde e quinte elementari, dei ragazzini delle prime medie e, per la prima volta, degli studenti del secondo anno delle scuole superiori: in totale 2 milioni di alunni. E alla fine potrebbero mancare all’appello parecchie delle 100 mila classi italiane previste dall’indagine. Uno scontro di quelli duri che ha richiesto l’intervento della ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che qualche giorno fa, nel corso di una presentazione, ha fatto capire che non intende fermarsi. «Dall’anno prossimo – rilancia – potremo applicare il test Invalsi anche all’esame di maturità ». 

Per comprendere i motivi di questa levata di scudi, lanciata dai Cobas un paio di mesi fa, basta leggere uno dei tanti volantini che si passano i docenti italiani in questi giorni. In dodici punti i comitati di base della scuola spiegano perché bisognerebbe dire No alle prove Invalsi, di cui mettono in discussione perfino la «scientificità » e la «validità  statistica». «Sono la premessa – spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas – alla valutazione e gerarchizzazione retributiva dei docenti, esasperano la competizione e non servono neppure a migliorare la qualità  della scuola». Inoltre, «le prove non sono affatto anonime e permetteranno una tracciabilità  delle performance dai 7 anni in su: di fatto una schedatura delle competenze di massa e prolungata nel tempo». Tutte motivazioni che hanno convinto migliaia di insegnanti, visto che i collegi dei docenti che hanno deliberato di boicottare le prove sono parecchi. 
Del resto, l’impresa non era difficile. Da mesi si discute sulla obbligatorietà  o meno per i docenti di partecipare alla somministrazione e alla successiva correzione dei questionari: mansione che non rientra negli obblighi contrattuali dei docenti. Anche un gruppo di presidi – Giancarlo Della Corte e Gian Pietro Demurtas, entrambi di Cagliari, Roberto Cogoni di Oristano e Renata Puleo di Roma – hanno deciso di rompere il ghiaccio, inviando una lettera-appello ai colleghi perché «si astengano da iniziative unilaterali che non tengano in conto della complessità  della “macchina scuola”, a scapito di un dibattito serio e condiviso». Insomma, evitino di imporre le prove ai docenti. Anche gli studenti promettono battaglia. Nella Capitale, il gruppo studentesco Senzatregua, cui aderiscono diversi licei della città , boicotterà  le prove «disertandole o consegnando in bianco».


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