Grecia, 12 miliardi per evitare la bancarotta

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LUSSEMBURGO – È cominciata ieri sera con una cena dei ministri delle finanze a Lussemburgo la settimana più lunga per la Grecia e per l’euro. Mentre ad Atene il primo ministro Papandreou (che oggi sarà  a Bruxelles) affrontava il dibattito sulla fiducia al suo governo in un clima drammatico, chiedendo anche il sostegno dell’opposizione, il nuovo ministro greco delle finanze, Evangelos Venizelos, è arrivato nel principato per dare ancora una volta assicurazioni ai colleghi che gli obiettivi del piano di austerità  concordato con Bruxelles saranno mantenuti: «Rispetteremo i nostri impegni grazie agli sforzi dei nostri cittadini e alla cooperazione e all’aiuto dei nostri partner». Ma il salvataggio di Atene dall’ipotesi di un fallimento non è affatto certo.
Da Lussemburgo è partita anche una conferenza telefonica anche tra i ministri finanziari del G7 (oltre agli europei presenti anche Usa, Giappone e Regno Uniti). Oggi è atteso il via libera alla quinta rata del prestito concesso l’anno scorso. Senza quei dodici miliardi, la Grecia non è in grado di passare l’estate e dovrebbe dichiarare subito bancarotta. Ma forse neppure questa boccata di ossigeno potrà  essere offerta per intero. L’Fmi, infatti, non intende sbloccare la sua quota, pari a 3,7 miliardi, prima che almeno il Parlamento greco abbia approvato il piano concordato con il nuovo governo. Il che non potrà  avvenire prima del fine settimana. La soluzione di cui hanno discusso i ministri è quindi quella di sbloccare la parte del prestito di pertinenza dei Paesi dell’eurozona (8,3 miliardi). Oppure, come ipotizzava in serata il belga Didier Reynders, di anticipare metà  del pacchetto (6 miliardi), che consentirebbe a Venizelosos di arrivare almeno fino a luglio.
Ma è chiaro che questi sono solo palliativi. L’eventuale salvataggio della Grecia è legato alla decisione europea di concedere un nuovo prestito, che dovrebbe aggirarsi attorno ai cento miliardi, per coprire le finanze pubbliche greche almeno fino al 2014. Ma questa decisione a sua volta è bloccata dal braccio di ferro tra la Germania e la Bce, appoggiata dalla Commissione, su come coinvolgere i privati nell’operazione di salvataggio. Berlino avrebbe voluto un impegno forzoso. Ma questa ipotesi avrebbe di fatto innescato una procedura di default del debito greco con pesanti ricadute a catena su tutti gli altri Paesi della zona euro e sull’intero sistema bancario europeo. Lo ha detto l’altro ieri il presidente dell’eurogruppo, Juncker, citando il Belgio e l’Italia. Lo ha ripetuto ieri il belga Reynders: «Se cade la Grecia cade l’intero sistema. Nessun Paese sarà  al riparo dal contagio, neppure la Germania».
Alla fine i tedeschi sembrano pronti a venire a più miti consigli, accettando l’idea di un coinvolgimento solo volontario dei creditori privati, sul modello della «iniziativa di Vienna», che permise, nel 2009, di salvare le banche dell’Est europeo. Ma se le condizioni del nuovo prestito greco sono state rinviate alla riunione dell’11 luglio, la questione della partecipazione dei privati dovrà  comunque essere risolta in settimana. Giovedì e venerdì, infatti, i capi di governo dovranno varare il nuovo meccanismo di stabilità  europeo (ESM), il fondo di salvataggio permanente che sostituirà  quello attuale. E anche qui i tedeschi insistono sul coinvolgimento obbligatorio dei privati nel salvataggio dei debiti sovrani. La soluzione che oggi i ministri metteranno a punto per l’ESM non potrà  essere molto diversa da quella che verrà  applicata alla Grecia. I mercati aspettano di conoscere la sentenza. E difficilmente accetteranno di portare l’onere di un salvataggio in cui, manifestamente, non credono.

 


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