La seconda volta di Cristina

Loading

BUENOS AIRES – Ora il quadro delle candidature, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 23 ottobre, è chiaro. Ieri, termine ultimo per presentare le liste e i nomi, si è avuta la conferma che Cristina Fernandez de Kichner, la presidente peronista di centro-sinistra, ripresenterà  la sua candidatura, e stando ai sondaggi ha buone probabilità  di tornare a vincere. 
Un segnale del clima favorevole per Cristina viene dalla quantità  di pre-candidati che hanno rinunciato alla corsa (il vice-presidente Julio Cobos, il sindaco di Buenos Aires Mauricio Macri, il cine-asta Pino Solanas) nonostante che di volta in volta molti di loro fossero stati presentati dalla stampa d’opposizione come seri concorrenti. I sondaggi concordano che la presidente-candidata avrebbe oggi intorno al 45% dei voti, più di 25 punti avanti al suo avversario più prossimo e una cifra sufficiente per essere rieletta al primo turno.
Cristina si presenta alla tesat del Frente para la Victoria, una coalizione creata da suo marito, l’ex presidente Néstor Kirchner morto all’improvviso il 27 ottobre scorso, centrata sul Partito Giustizialista e con vari gruppi di sinistra e centro-sinistra come alleati.
Dopo negoziati e trattative che si sono protratte fino all’ultimo minuto, l’esponente della Union civica radical Ricardo Alfonsin, figlio dell’ex-presidente social-democratico Raul Alfonsin (1983-1989), sarà  il candidato dell’alleanza di centro-destra Union para el desarrollo social, che conta sul 20% dei voti. La virata di Alfonsin richiama l’attenzione in quanto lui si è sempre detto un progressista. Però nelle ultime settimane ha stretto un patto con il miliardario di destra Francisco de Narvaez, candidato a governatore della provincia di Buenos Aires, dove risiede più di un terzo dell’elettorato.
Con ancor meno chanches di arrivare a un ballottaggio, ci saranno anche l’ex-presidente della destra peronista Eduardo Duhalde, con un programma conservatore e alleanze fino all’ultra-destra, e Hermes Binner, del Partito socialista, attuale governatore della provincia di Santa Fe, alla testa di un Frente amplio progresista di centro-sinistra.
Ancora più indietro risulta la liberal-cristiana Elisa Carriò (che ebbe il 23% dei voti nelle presidenziali del 2007). Lei e i suoi alleati raggruppano i settori che odiano i Kirchner ma nel corso dell’ultimo anno hanno perso peso. In una delle sue dichiarazioni ultime ha detto che lei «dorme più tranquilla da quando quest’uomo (Kirchner) è morto» e che «il lutto di Cristina è solo una maschera».
Tutti dovranno passare dalle elezioni primarie obbligatorie del 14 agosto, in cui bisognerà  ottenere più dell’1.5% dei voti per potersi presentare in ottobre. Questa soglia complica la candidatura trotzkista-anticapitalista del Frente de izquierda e los trabajadores e di altri gruppi minori. Un eventuale risultato di Cristina al di sotto del 40% nelle primarie, sommato a probabili sconfitte nelle elezioni per i governatori di Santa Fe, Cordoba e Buenos Aires – fissate nelle prossime settimane, potrebbe modificare tuttavia la percezione di una rielezione quasi sicura.
La presidenta argentina dal dicembre 2007 si è ritrovata in una situazione a dir poco vertiginosa. Subito dopo l’insediamento comincio la rivolta degli agrari, che respingevano l’aumento delle tasse sui colossali profitti dovuti al boom delle esportazioni agro-pecuarie. Contemporaneamente il governo lanciò un progetto per rompere il monopolio dei mezzi di comunicazione, che ebbe gli elogi dell’Onu ma provocò una guerra senza quartiere del Clarin, il gruppo fino ad allora semi-monopolista. Dopo aver perso le elezioni di medio termine del giugno 2009, quando erano in molti a pronosticare che non sarebbe arrivata alla fine del mandato, i Kirchner ai afferrarono al loro istinto: raddoppiare la posta nelle situazioni difficili. Da allora il governo è riuscito a far approvare la legge sui media, quella sul matrimonio egualitario, ha rinazionalizzato lo scandaloso sistema delle pensioni private (ancora vigente in Cile e Perù), ha assegnato un bonus universale di 50 euro per ogni figlio minore di 18 anni e ha introdotto altre misure d’impatto sociale.
Il ciclo dei Kirchner lascia diversi conti aperti. 
Uno, in materia di trasparenza e onestà . Sono molte le denunce fondate sulla gestione di funzionari e ministri importanti, nel silenzio della giustizia. Poi, per quanto la povertà  sia caduta di quasi un terzo rispetto ai livelli in cui era quando s’insediò Néstor Kirchner nel 2005 (54%), la falsificazione dei dati sull’inflazione da parte dell’istituto ufficiale di statistica (Indec) impedisce al governo di ostentare questo dato che probabilmente è il più significativo della sua gestione. L’Indec assicura che la povertà  si situa oggi al 9.9%, una cifra a cui nessuno credem mentre la chiesa cattolica (che sta all’opposizione) ritiene che sia superiore al 35%. Le stime più serie la danno al 22%, quasi il triplo di quella che l’Argentina aveva nel ’75.
Nonostante queste riserve, la realtà  mostra che il governo peronista dal 2003 ha preso una serie di misure concrete che altri governi della regione, più esplicitamente «progressisti» e con miglior stampa in Europa, neanche si sono sognati.


Related Articles

Catalogna. Elezioni o via all’articolo 155, la Moncloa detta le condizioni

Loading

Crisi catalana. Oggi scade l’ultimatum di Rajoy a Puigdemont. Poi parte l’iter per il commissariamento

Usa, Zimmerman riavrà la pistola con cui uccise Trayvon Martin

Loading

Dopo l’assoluzione del vigilante cortei in oltre cento città. Il ministro alla giustizia Holder: “La tragedia si poteva evitare”

Le parti ormai sono vicinissime Ma già si aprono i fronti interni

Loading

Finale di partita.Molte concessioni, a Bruxelles si tratta per poche centinaia di milioni di euro. Alcuni ministri ellenici sono intransigenti. E lo spagnolo Rajoy guida i rigoristi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment