Addio alla missione su Gaza La flottiglia non parte più

Loading

CORFà™ – Non è un paese per vecchi entusiasmi: né Gaza, né il Medio oriente tutto, e forse nemmeno il Mediterraneo. Non basta lo spirito spontaneo e confusionario dei gruppi di base per mettere all’angolo i governi. Israele ha fatto le sue mosse, la diplomazia ha lavorato, la Freedom Flotilla prende atto che le sue forze sono poche per provocare allo Stato ebraico qualcosa di più dell’imbarazzo. Dopo lo stop imposto venerdì dalle autorità  greche alla nave americana che porta il nome di un libro di Obama, “Audacity of Hope”, anche gli equipaggi delle altre barche hanno capito che l’audacia della speranza stavolta non bastava. Stop, dunque, al progetto di raggiungere Gaza.
Fra i cavilli burocratici e i documenti scomparsi nei corridoi dei ministeri, alla fine il governo di Atene ha deciso di considerare «questione di sicurezza nazionale» la partenza della flottiglia verso la costa palestinese. La nave americana ha provato a partire senza permessi: è finita con l’intervento delle motovedette e l’incriminazione del capitano John Klusmire. Era per questo, con tutta probabilità , che Benjamin Netanyahu aveva ringraziato Atene sin dai giorni scorsi. Forse non era necessario nemmeno il sabotaggio: né quelli veri della nave greco-svedese “Juliano” e dell’irlandese “Saoirse”, né quello presunto della “Stefano Chiarini” a Corfù, frutto solo di grande nervosismo.
Anche con la tensione alle stelle, la notizia che l’avventura era al capolinea ha suscitato delusione fra i volontari della nave italiana. Poco importava che sulla “Chiarini” avrebbero dovuto trovar posto anche i militanti delle navi danneggiate, quasi 80 persone in un battello progettato per portarne una ventina: una traversata faticosa fino al previsto incontro con gli uomini del corpo speciale israeliano Shayelet 13, che l’anno scorso hanno represso nel sangue il tentativo della “Mavi Marmara”.
In teoria la decisione ultima sarà  solo martedì, sulla base dell’arrivo o meno dei documenti richiesti. Ma i volontari si fanno poche illusioni e studiano come lasciare una traccia della loro impresa, in attesa di tempi più favorevoli. Attorno al battello imbandierato, le proposte più sensate erano quelle di una manifestazione di protesta ad Atene, e magari di un gesto simbolico: lanciare in mare centinaia di bottigliette con dentro un messaggio e un piccolo regalo per la gente di Gaza, confidando nella buona volontà  del Mediterraneo. Inevitabile il nome per l’operazione: «Freedom bottiglia», suggerisce Vauro.


Related Articles

Nove anni in Iraq

Loading

Nove anni in Iraq

Le foto e la storia della guerra che finisce oggi, almeno ufficialmente

Oggi, 15 dicembre 2011, termina ufficialmente la guerra in Iraq. La guerra in Iraq iniziò il 20 marzo 2003 con l’invasione del paese da parte di una “coalizione di volenterosi”, come la definì l’allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush, formata soprattutto dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, e con contingenti minori di altri stati tra cui l’Australia, la Polonia, la Spagna e l’Italia.

Una zona cuscinetto e 10mila soldati il piano di Erdogan per l’emergenza Siria

Loading

I militari turchi creerebbero un’area protetta di 46 km per i aiutare chi fugge. Ma l’Ue teme che il vero scopo di Ankara sia fermare i curdi

Massacrare non è reato

Loading

RIJEKA (FIUME). Il Tribunale internazionale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia dell’Aja ha assolto i due ex generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markac, condannati in primo grado a 24 e 18 anni di carcere, per crimini di guerra contro i civili serbi della Kraijna nell’agosto 1995. L’Operazione Tempesta fu la più grande pulizia etnica del conflitto balcanico, vennero cacciate 300mila persone e uccise più di duemila. Esultano nazionalisti ed estrema destra croata. Benedetti dalla Chiesa cattolica

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment