Il paese senza stress con il segreto dell’eternità 

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CAMPODIMELE (Latina) — Ma, insomma, quanti anni avete, don Rinaldo? Lui si sistema la coppola, soddisfatto del don di riguardo, sgrana un sorriso sdentato e con le dita fa il segno di «sette» . Sorridiamo anche noi: settanta? «Ehhh! Vuol dire novantasette!» , ci traduce una vicina, premurosa. Caspita, allora è vero che siete il più vecchio di Campodimele? «Vabbuo’, sì, è vero! E mo’ c’arrivi, tu!» , ridacchia infine Rinaldo Pecchia, concedendoci di udire la sua voce. A parte il dettaglio che secondo il sindaco ne avrebbe 98 e secondo altri vicini 99 (e non potendo dunque escludere che si tolga gli anni per civetteria), il decano di questo paese arrampicato tra i boschi dei monti Aurunci non è nemmeno vecchissimo dati i canoni del posto.
Per dire, il precedente decano, Gerardo Pecchia (non parente, quassù i cognomi sono una decina in tutto dalla grande emigrazione del secondo dopoguerra) ha tirato fino a 104 anni prima di passare a miglior vita. Miglior vita, poi: come si fa a esserne sicuri? Secondo il Telegraph, sedotto come molti altri media stranieri dallo strano caso di Campodimele, quassù il paradiso ha stabilito se non la propria anticamera almeno un avamposto. Aria ottima, zero stress, cibo gustoso e sanissimo, tanto sport involontario nei campi e negli orti a ridosso di una valle a due ore da Roma e da Napoli che, duecento anni fa, era «terra di nessuno» , cerniera tra Stato pontificio e Borboni. Sicché, su 690 abitanti, gli ultranovantenni sono una ventina, gli ultrasettantenni almeno il 40 per cento, l’aspettativa di vita per uomini e donne è 95 anni. Certo, le ragioni per le quali Campodimele è diventato un paese di highlander affondano nella sofferenza.
Nel Settecento la povertà  era endemica e narrata dagli annalisti. Nei primi dell’Ottocento briganti come Fra’ Diavolo venivano quassù a nascondersi e a seminare paura. Questa terra è stata stuprata dalle truppe marocchine a seguito degli americani (Moravia era sfollato poco lontano quando pensò alla sua Ciociara). «E qui di lavoro non ce n’era più dopo la guerra, metà  dei paesani se n’è partita» , dice il sindaco Roberto Zannella. Per scampare alla disperazione tanti se ne andarono con la valigia di cartone a Toronto (dove duemila campomelani hanno creato addirittura un Campodimele Social Club), tanti a Londra. Ora sa di paradosso della storia che un giornale come il Telegraph consigli al pubblico anglofono di convertirsi al «modello campomelano» , una volta frugale fino alla miseria. Il fatto è che chi è rimasto, s’è stretto all’amico della porta accanto e ha rivalutato pian piano le cicerchie della propria campagna: meglio della bistecca che non c’era. Il vuoto di stomaco è diventato salutismo, in un Occidente afflitto dal colesterolo: tagliati fuori dal progresso (da sempre, zero attività  industriali o artigianali), i campomelani hanno eretto a modello la loro stessa esclusione.
«Ogni cosa ha suo tempo» , prova a tradurre con un errorino veniale la brava Tracey Lawson nel suo articolo di domenica scorsa, cogliendo il genius loci che in fondo si limita ad assecondare la natura e le stagioni, unici beni su cui il paesello ha potuto sempre contare. Tracey è una storia nella storia. Mandata qui dal Telegraph per un reportage, s’è talmente innamorata da restarci a oltranza. Ha scritto il libro Un anno nel villaggio dell’eternità , prima di ripartirsene per la Scozia ad accudire la mamma. Tutti la rimpiangono. «Gran bella ragazza, tutti noi volevamo provarci — confessa Patrizio Di Bratto, guardia forestale —. Ma lei niente, serissima, solo lavoro» . Patrizio ha 42 anni e con quel noi deve riferirsi alla esigua popolazione di under 60. Alle tre del pomeriggio è l’unica presenza umana nella calura esasperata dal canto delle cicale. Qui il pisolino della controra non va preso sottogamba. «I vecchi arrivano tra poco, a chiacchierare in piazza Capocastello. Con le loro seggiole. Vi ci accompagno» .
Nei vicoli spicca un manifesto funebre per Francesco Damiano, morto a 60 anni: «Grande collega mio, grande amico mio. Ma, sapete, era di Campobasso… Quindici giorni fa è morta una signora di 101 anni, nata e cresciuta qui: ancora se n’andava per campi, quella» . Sotto l’ombra delle arcate, dietro piazza Capocastello, compaiono verso le quattro «zia» Assunta, appena 76 anni, Liana, 80, e Livia Maria, 85, sulla loro fila di seggioline. Assuefatte alla ribalta— prima di Tracey qui sono passati giornalisti tedeschi e persino cameraman cinesi — ormai posano un po’ per noi. «Una volta mi hanno fatto mettere la cannata, la brocca sulla testa, un’altra mi hanno portato al cimitero da mio marito, e mi filmavano, mi filmavano… una fatica!» , cinguetta Livia Maria. «Certi di… Bild — si chiamava così? Boh!— volevano sapere qual è il segreto, e io gli ho detto: la capoccia piena di bitorzoli! I bitorzoli della legna che ci caricavamo come muli— sbuffa Liana —. Volevano sapere pure che cosa mangiavo, e io: grano, fagioli e aulive!» . «Dunque, vediamo… dieta ipermediterranea, poco caffè, poca carne bovina, niente burro, poco sale, tanti vegetali a componente proteica tipo i legumi. Poi c’è l’ereditarietà , certo. Poi lo stile di vita così sincrono al passaggio luce-buio, sicuro» : Pietro Cugini la spiega meglio, la ricetta dell’eternità . È un professore della Sapienza che negli anni Novanta ha condotto tre ricerche quassù, studiato e comparato pressioni arteriose, pesato e soppesato alimenti e cristiani. Roba complessa, ma con diagnosi, alla fine, semplice: «Portate i campomelani fuori da qui e accorcerete la loro vita» .
Uno che deve averlo capito senza grandi studi è Ciccio Di Fonzo, 92 anni, a Toronto dal ’ 54: «Facevo il contadino. Poi ho trovato il lavoro del governo e lì ho fatto il signore: pulivo i pavimenti degli uffici. Torno sempre, sì. La mia vecchia casa se la sono presa i parenti, ma io me ne sono comprata un’altra, qua dietro. E ci ho messo pure l’aria condizionata» .
Ciccio non è solo. Se ne sta sotto un pioppo ad aspettare la brezza della sera con Gerardo Zannella, 83 anni che sembrano sessanta, una vespetta bianca su cui va in giro per campi come un garzone. Nessuno è mai davvero solo, in questa Cocoon su sfondo neorealista. E forse l’ultimo segreto è questo: perché, cancellata la solitudine, la vecchiaia sa un po’ meno di malattia. Sulla provinciale appena rifatta che ci riporta a valle, Giovanni, 81 anni, e Federico, 80, ci salutano dal ciglio della strada, sono amici da ragazzi: «Andate a Roma? Beh, ditelo, a Silvio, che non si scordasse di aumentarci le pensioni nostre. In fondo è quasi vecchio come noi, pure se non ci pare. Puozza campa’ cient’anni!» .


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