La guerriglia intellettuale dai trenta-quarantenni

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 Riusciranno i trenta-quarantenni (scrittori editori librai intellettuali di vario genere e tipo) che hanno scelto di definirsi appunto TQ a dare vita a un vero movimento? Un movimento, cioè, che vada al di là  delle diecimila email e delle undici ore consecutive di assemblea di cui parla qui sotto lo scrittore Christian Raimo e che sappia dunque «muovere» – e chissà , far saltare almeno in parte – i meccanismi del sistema culturale italiano irrigiditi e, più ancora, impoveriti, da decenni di un neoliberismo spurio e improvvisato, ma non per questo meno pericoloso (anzi)?

Editori e lettori unici
A giudicare dai frammenti dei tre documenti programmatici che hanno circolato in questi giorni (saranno finalmente resi pubblici nella versione definitiva e integrale oggi, dopo tre o quattro giorni segnati da «fughe di notizie», «embarghi», «accordi»), i TQ si sono dati obiettivi ambiziosi, partendo dal presupposto che la cultura è, deve essere, un bene comune al pari dell’acqua o dell’aria. Con questa impostazione non è sorprendente che i firmatari dei tre documenti – un manifesto più ampiamente «politico», uno dedicato in particolare all’editoria e infine il terzo, sugli «spazi pubblici» – sottolineino di essere interessati molto più alle «istanze politiche e sociali» che a quelle «estetiche».
Per quanto riguarda l’editoria, i TQ rilanciano temi già  affrontati negli ultimi mesi. Come, per esempio, la «bibliodiversità », che sul modello della biodiversità  rivendica l’importanza di proporre al pubblico opere «non omologate», che non abbiano quindi come unico obiettivo la vendita di centinaia di migliaia di copie, nella consapevolezza che – così come non esiste (non dovrebbe esistere) l’editore unico – non esiste (non dovrebbe esistere) il lettore unico.
Un sistema glutinoso
Altro tema affrontato è la «qualità » contro la «quantità », vale a dire la necessità  di dare vita a una filiera del libro più trasparente, che non privilegi solo i grandi e non soffochi i «piccoli». Ottimi proposititi, che si saldano agli interventi auspicati nel documento dedicato agli «spazi pubblici», dove si prefigurano azioni piccole e grandi di turbamento, se non proprio di «guerriglia».
Resta da vedere come questi obiettivi potranno essere messi in atto in un sistema glutinoso e insieme coriaceo, all’interno del quale molti degli stessi intellettuali trenta-quarantenni che hanno dato vita a questa iniziativa operano quotidianamente. Per questo, sarà  interessante non soltanto studiare i documenti così appassionatamente e faticosamente elaborati dai TQ, ma anche (soprattutto) verificare nei fatti la capacità  dei «giovani» intellettuali di uscire dagli steccati generazionali e di saldare alleanze, magari unendo il loro impegno a quello di movimenti simili che stanno emergendo in altri paesi.
Comincia quindi adesso la fase più difficile – quella in cui giorno dopo giorno i TQ saranno confrontati con scelte per loro difficili, perfino impopolari, che metteranno a dura prova una generazione cresciuta nel mito del consenso ad ogni costo.


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